Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

In questa stanza è possibile dare parola a ciò che si vive come paziente, familiare, amico, condividendo la propria esperienza ed esprimendo le proprie emozioni in un clima di accoglienza, fiducia e rispetto.
Milena66
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Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da Milena66 »

Uno dei peggiori passi che ci impone di compiere il cancro è quello di lasciarci soli di fronte ad un nostro caro durante la fase del “non c’è più niente da fare”.
Quando si arriva a questo punto ci si sente veramente soli, senza speranza e senza rete.
Ci viene chiesto di affidarsi alle cure palliative, alla terapia del dolore, all’assistenza domiciliare o agli hospice, ma questo delimita una linea netta fra il periodo delle cure e della speranza e il dopo che altro non è che un accompagnamento verso la morte.
Poiché i malati di cancro aumentano giorno dopo giorno, mi chiedo perché non si sia trovato ancora un modo per lasciare la speranza ai malati, affinché non si rendano conto che stanno per lasciare questa vita terrena.
Si è vero che ci sono persone che vogliono sapere e che è un diritto sapere che stiamo per morire per sistemare questione pratiche di eredità, di lavoro e quant’altro, ma arrivare a questa fase della vita è come essere condannati a morte senza aver commesso nessun reato. Il periodo della terapia del dolore è una condanna a morte, caspita!
Quando viene diagnosticato un cancro la prima cosa che viene in mente è: “quanto mi resta da vivere?”. E credo che questo sia la vera ragione per la quale il cancro fa tanta paura.
E’ una malattia bastarda, ma banale se vogliamo, perché dal momento in cui insorge è come se svelasse le sue carte da giocare e ci ponesse di fronte ad un percorso ad ostacoli la cui fine è nota.
Perché? Perché se di cancro si continua a morire ancora, non si trova almeno il modo di non palesare chiaramene la fine al malcapitato di turno?
Se io tornassi indietro di 8 anni, quando è morta mia madre, e avessi la consapevolezza che lei non sapesse di morire, mi sentirei molto più sollevata.
Cambiamo veste alla morte annunciata, lasciamo un filo di speranza agli ammalati. Sono menzogne? Mia mamma diceva che è migliore una buona menzogna di una cattiva verità.
In fondo cosa cambierebbe? Forse coadiuvati dalla terapia del dolore e cambiando le modalità di terapia a domicilio, togliendo al personale dell’assistenza domiciliare il manto della morte molti che non vogliono sapere riuscirebbero a morire più sereni.
Io non condivido questo essere così crudelmente franchi e sinceri e sfido chiunque che si vede arrivare a casa gli angeli della terapia palliativa a non capire che sta morendo…….
Mi chiedo solo perché?
L’Hospice poi pur essendo una struttura che consente una dignità unica ed un’intimità profonda dovrebbe essere chiamato in modo diverso, dovrebbe essere alleggerito dallo spettro della morte….
Ecco volevo soltanto condividere con voi questo mio pensiero e magari sentire cosa ne pensate
paola51
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da paola51 »

Cara Milena.... Ricordo un caro amico con il quale, nella sua ultima primavera, attraversavo villa Borghese tutta in fiore. "Chissa' se l'anno prossimo potro' vedere tutto questo incanto? Penso proprio di no". Agghiacciata io gli camminavo accanto portandogli la borsa piena di carte, ormai troppo pesante per lui. Tutti avevamo fatto muro perche' non sapesse: famiglia, medici, amici,colleghi. Era talmente innamorato della vita. Invece sapeva: a dispetto di tutte le nostre cautele e sotterfugi. Ai primi di luglio di quello stesso anno non c'era piu'....Che cosa ho risposto quel giorno? Ho scosso la testa, prendendolo in giro e lui mi ha guardato con occhi cosi' dolci, non lo dimentichero' mai. Ha dettato le modalita' del funerale, il tipo di fiori, i piccoli lasciti alle persone care. Poiche' amo la vita me la gioco fino all'ultimo istante, altro proprio non si puo' fare. Questo pensava....
Milena66
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da Milena66 »

Forse non mi sono spiegata. La mia era proprio una domanda generica sul perchè si deve comunicare al malato che siamo arrivati alla fine. Che beneficio ne può trarre un ammalato sapendo che sta per morire? Insomma quando sei malato di cancro e ti vedi arrivare a casa l'assistenza domiciliare è come se tu stessi prendendo appuntamento con la morte.
Non basterebbe dare a questi angeli della morte un'altra veste?
Se lavorassero con gli ospedali, all'interno di essi e si proponessero come collaboratori ospedalieri durante tutto il corso della malattia, quando te li vedresti arrivare a casa forse potresti immaginare che sono lì per aiutarti a superare una fase della malattia e non per aiutarti a morire in pace...
Io la trovo una vera e propria crudelteà, ma forse non è per tutti così.
Erika76
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da Erika76 »

E' un difficile quesito. Ho sempre sostenuto che l'intero percorso a cui obbliga il cancro sia costellato d'indelicatezza, insensibilità e disumanità. Questo accade fin da subito, perché i malati di cancro, per chi deve tentare di guarirli, si assomigliano tutti. Sono standard come standard sono i protocolli terapeutici e come standard sono le fasi che intervallano un percorso che nella stragrande maggioranza dei casi si chiude con la morte. Forse, è proprio questa standardizzazione che porta il malato alla consapevolezza del proprio destino ancor prima che gli venga comunicato. T'impongono una serie di cicli di chemioterapia e conosci più o meno tutti i tuoi compagni di viaggio, ma un bel giorno ne manca uno e sai perché. Ti ricoverano in oncologia e a un certo punto tutte le porte delle stanze si chiudono perché passano gli infermieri con delle bare in metallo. Ho assistito a questa scena diverse volte. Mancanza di tatto, mancanza di pathos, mancanza di empatia che caratterizza le strutture legate al cancro. Chi si ammala intravede la fine in percorsi standardizzati. Se nutre una speranza qualsiasi è solo perché ha la fortuna di aver al suo fianco una persona che lo ama al punto da saper indossare una maschera di positività e menzogna. Poi è la volta dell'Hospice dove si va a morire o dell'assistenza domiciliare, ultima tappa di un percorso. Ricordo quel 10 luglio, Dani chiese una trasfusione, un'ora dopo era morto. Lui ci credeva ancora perché io avevo mentito, lo avevo indotto a credere che l'assistenza domiciliare sarebbe stata un comodo supporto. Che avrebbero prelevato il sangue senza che lui dovesse spostarsi, che lo avrebbero mandato loro in oncologia e dall'oncologa avrebbero ricevuto istruzioni e portato i farmaci. Daniele era intelligente, ma voleva disperatamente credere che fosse così e forse ha davvero finito col crederci. Quando attivarono l'assistenza domiciliare, ricordo che era ancora ricoverato. Dovevo trovare il modo di dirglielo senza lasciar trasparire che quella era l'ultima fase. Gli dissi: guarda amore, la attivano per tutti, possiamo anche rifiutarla, ma secondo me è una bella comodità non fare più avanti e indietro. Ecco, semplice, perfino troppo, ma credibile. Ma ci ha pensato l'oncologa a disfare tutto parlando di terapia palliativa. Ma anche quel giorno dissi: Tex, intanto facciamola, poi appena ti riprenderai vedrai che sarà lei stessa a proporti qualcosa di più aggressivo. Ha creduto anche a questo, e che altro poteva fare. Il 10 luglio, la dottoressa che seguiva la terapia del dolore ha detto che le cose non erano per nulla buone, quindi si è seduta al fianco di Dani stringendogli la mano. Ha detto davanti a lui: "Chiamate i parenti". Ecco, solo allora Dani ha capito che stava davvero morendo.
Non so se possa esistere una forma o una modalità che consenta a chi amiamo di affrontare quell'ultima fase in modo sereno. Purtroppo credo che come sempre, tutto dipenda da noi. Si può mentire e celare la verità fino a quando si riesce. Oppure si può dire la verità modulandola di speranza, ma in qualsiasi caso quell'ultima fase, così come le precedenti, hanno il sapore che solo noi siamo in grado di dare perché dall'esterno non verrà mai nulla di diverso dallo standard imposto dal cancro.
Kora
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da Kora »

Quoto e straquoto Erika.

io credo che i nostri cari sappiano tutto dall'inizio, ma che per amore e per quella speranza che non ti abbandona fino all'ultimo si siano aggrappati numerose volte alle nostre "bugie". Ricordo perfettamente come lo zio ci fissasse negli occhi... quelli non mentono, non nascondono, e chissà quante verità c'abbia letto, nonostante le nostre parole dicessero altro.

Ricordo che appena morto tutti noi e gli amici suoi più cari ci siamo avvicinati e gli abbiamo sussurrato: SCUSA. Scusa per le bugie che abbiamo dovuto dirgli fino a qualche ora prima...

ed io tuttora continuo a chiedergli scusa perchè in quei momenti di agonia o quando lo vedevo stare male ho chiesto che morisse. Adesso pagherei non so cosa per averlo ancora qui anche in quelle condizioni.

Scusate lo sfogo, ma da due settimane a questa parte è come se stessi rielaborando quello che è successo ad agosto, e non riesco a non stare male.
paola51
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da paola51 »

si, anch'io volevo dire questo. I malati sanno. Forse 50 anni fa era ancora possibile glissare sulla verita' ma oggi come oggi siamo bombardati dalla stampa che ci parla di prevenzione, di diagnosi, sintomi, cure. Se anche non si leggono i giornali si vede la tv, si incontra il vicino che ci e' passato. Perche' dovrebbero diventare sciocchi in quanto malati? E' il gioco eterno dell' io so che tu sai che io so. E' per amore che si mente, per amore si finge di credere. Non ho mai avuto dubbi su questo. Anche se si opta per il domicilio piuttosto che per l'hospice il malato sa. Tante volte nella vita fingiamo di non sapere, anche per fatti molto meno gravi. Quieto vivere si chiama. Compreso l'ultimo quieto vivere.
Erika76
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da Erika76 »

Kora mi spiace. Riviviamo tutti quei momenti e l'ultimo è quello che si fissa nella mente. Ci sono troppe cose che non funzionano. Una delle prime cose che si fa quando si sa di avere il cancro è collegarsi a Internet, digitare il nome delle neoplasia e guardarsi le statistiche. In quel preciso istante inizia il calvario di chi ammalato è abbastanza giovane, lucido e consapevole da fare questo processo da solo o del parente che lo fa in sua vece. Già questo riduce enormemente le possibilità di "non sapere". La fase che segue è un vano tentativo di smontare quelle statistiche, andando a leggere in quella magra percentuale di "chi ce la fa" la possibilità di farvi parte. Ma poi iniziano i colloqui con i camici bianchi, le terapie che sono tutte uguali e allora come fai a non porti questa domanda: ma se le terapie sono tutte uguali allora io non sono diverso da quell'80% che non ce la fa. In fin dei conti, se l'80% muore pur essendo stato sottoposto a quei trattamenti, allora è plausibile che io faccia la stessa fine. La cruda verità legate alle molteplice fonti informative vien fuori fin da subito. Questo forum ne è un esempio lampante. Chi incappa qui legge praticamente solo di persone che non ce l'hanno fatta e anche questo rafforza la consapevolezza che non si sta affrontando una malattia come le altre, ma si sta affrontando la morte in persona. A tutto questo aggiungiamo l'indifferenza d'infermieri, medici verso casi che sono stramaledettamente identici l'uno all'altro. L'accanimento dei chirurghi che aprono e chiudono lasciando sul corpo e nell'anima segni indelebili di una dignità pian piano scivolata via e si arriva alla fase finale quando ormai tutto è fin troppo chiaro. Ma in mezzo a questa indecenza, ci siamo noi, gli accompagnatori, i guerrieri delle retrovie, quelli che sanno filtrare informazioni, quelli che imparano a raccontare la verità modificata, alleggerita, quelli che "tu non sei come gli altri, vedrai che ne usciamo", quelli che a furia di raccontarla se la raccontano da soli e finiscono col crederci anche loro, quelli che poi rimangono con il vuoto immenso perché a furia di credere e sperare la morte li coglie impreparati. Dovrebbero cambiare tante cose, forse se iniziassimo dal basso, dalla sensibilizzazione alla sensibilità già sarebbe un enorme passo avanti.
Milena66
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da Milena66 »

Dovrebbe cambiare tante cose, sì carissima Erika.
Non si può standardizzare un protocollo per tutti gli esseri umani.
E' come se il cancro ti togliesse subito la specialità di essere unico e ti gettasse nel mucchio dei malati. Tu non sei più il Signor X o la Signora Y, tu da adesso sei un malato di cancro e dovrai sottoporti a tutte le torture disponibili non per guarire, ma per provare se tu -che sei già stato abbastanza sfortunato di inciampare nel cancro- hai la botta di c@@o di rientrare in quella minimissima percentuale di quelli che ce la fanno.
Io medico plurilaureato non so un c@@@o del cancro e cosa ti propongo? Una terapia standardizzata che ti distruggerà sicuramente, ma non ho altre armi.....si prova sulla tua pelle come su quella della persona accanto a te.
Indipendentemente dall'età, dal sesso e da ogni altra prerogativa in un attimo cessi di essere la persona che eri e diventi "un malato di cancro".
E come nella roulette russa, tanti compagni di viaggio ti lasceranno e tu esulterai fino a che non toccherà a te. Quando capiterà saprai tutto, le modalità, la fine e la consapevolezza che tutto quello che hai fatto per cercare di provare a resistere non è servito a una beata mazza.
Creperai come gli altri.....


DEVONO CAMBIARE TANTE COSE. DEVE CAMBIARE TUTTO. DEVE CAMBIARE LA SENSIBILIZZAZIONE ALLA PREVENZIONE E SOPRATTUTTO LA SENSIBILITA' DI CHI OPERA NEL CAMPO DELL'ONCOLOGIA. E SOPRATTUTTO DOVREBBERO CAMBIARE LE CURE E DIVENTARE DELLE CURE E NON DEI TENTATIVI VANI......MA QUALI CURE? E VISTO CHE NON ESISTE CURA, ADOTTIAMO ALMENO LA "CARE"....LA CURA DEL MALATO IN SENSO OLISTICO.


MI VIENE UNA RABBIA.....
Erika76
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da Erika76 »

Esatto, centrato. Non esiste una cura. La cura c'è se arrivi al 1° o 2° stadio, a meno che non sia un 2° stadio bastardo tanto da essersi già sparso in giro. Altrimenti è prassi, è mucchio e non c'è differenza che tenga. Perché viene delegata ai volontari la "care" come la intendi tu? Non dovrebbe rientrare tra le competenze di un medico, di un infermiere che ha scelto un ramo della medicina complesso, dai mille risvolti? Se non sei in grado, fai il chirurgo plastico no? Fatevi un giro in Internet, ci sono centinaia di pubblicazioni dedicate agli oncologi dal tema: "come accompagnare il paziente nel fine vita". Qualcuno di voi ha visto il proprio caro accompagnato? Se esistono è perché quelle modalità dovrebbero, almeno in teoria, rientrare nelle competenze di questi soggetti. Ma la realtà è che di cancro si ammalano in troppi. Non c'è tempo di consolare tutti e allora per far le cose uguali, non si consola nessuno. Via a botte di chemio, via a sedute di radio fino a quando la pelle non brucia al punto da diventare tutto insostenibile. Hai metastasi ovunque e sei spacciato? Beh, facciamo comunque un po' di chemio, tanto non conta niente, ma almeno diamo l'idea di provarci. Operare? Solo se sono certi che non muori sotto i ferri se no ti aprono e richiudono perché andrebbe a rovinare un bel curriculum fatto di successi. Sono cinica? Forse. 3 anni fa non lo ero. Mi fidavo, adesso so che loro ne sanno quanto noi, o magari meno, altrimenti non ci sarebbero forum pieni zeppi di domande, dubbi, tentativi di leggersi e interpretare una tac. Ma loro che fanno??
ema
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Re: Non c’è più niente da fare. E’ malato terminale. Perchè?

Messaggio da ema »

Eccoci, ora anche mia madre è in uno stadio "preterminale", chemioterapia conclusa, il fegato ridotto una fogna e incapace di sostenere qualsiasi ulteriore terapia, stanchezza , inappetenza, perennemente a letto con il fiato corto, ora iniziamo con l'assistenza domiciliare, è successo così, tutto nel giro di un mese e adesso peggiora visibilmente di giorno in giorno, ci siamo illusi, come tutti, che lei resistesse, che riuscisse a reggere la fida con la malattia, ma alla fine come tanti qui nel forum ci dobbiamo arrendere all'evidenza. Iniziano i giorni più difficili i giorni in cui si può finalmente guardarsi negli occhi e parlare di morte, della certezza che oramai questo è il destino e d'improvviso sembra che ogni traccia di serenità o di felicità sia spazzata via dalla tua vita per sempre. Buona lotta a tutti.
 


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