Melanoma della coroide: la mia storia
Inviato: dom 4 mag 2014, 10:45
La mia storia, purtroppo, non è diversa da tutte le altre che ebbi modo di leggere dopo che, il 19 novembre del 2009, a mia moglie fu diagnosticata la presenza di una neoformazione endooculare di ben 1,5 cm.
Durante il suo ricovero, durato dal 18/11 all'11/12/2009 trascorrendo i weekend a casa, ho letteralmente divorato tutto quello che ho potuto trovare su internet (anche in lingua inglese), e già da allora mi resi conto che avevamo a che fare con una cosa, della quale fino ad allora ignoravo persino l'esistenza, veramente molto ma molto brutta, tanto che a mia moglie preferii non dire tutta la verità.
Il 10/12/2009 le fu asportato l'occhio sinistro: la formazione era troppo grossa per poter essere trattata in alcun modo. Furono eseguiti tutti i possibili esami diagnostici, inclusa la biopsia, per escludere la presenza di metastasi al fegato (il melanoma della coroide mestastatizza al fegato nel 92% dei casi). Consultammo anche uno specialista al Gemelli di Roma, il quale ci 'tranquillizzò' dicendoci che le metastasi insorgono mediamente fra i 3 e i 5 anni dopo l'asportazione del tumore primario.
Mia moglie, pur così apparentemente debole e fragile, ha portato con grande dignità e spirito la sua menomazione, al punto che spesso, in questi anni, abbiamo finito pure per scherzarci su ("Butta un occhio alla pasta" era una delle battute più ricorrenti).
Lei ha vissuto 4 anni serenamente, perchè io - mentendole - le ho sempre detto che, ovemai le metastasi si fossero presentate, esse sarebbero state curabili.
Abbiamo fatto i controlli semestrali di routine, prima dei quali la mia angoscia e la mia paura montavano irrefrenabili, per poi scomparire di fronte all'esito negativo, accompagnate dal pensiero che avevamo guadagnato altri 6 mesi di vita.
A maggio del 2013 la TAC di controllo risultò dubitativa con riferimento a due lesioni focali epatiche di circa 2 cm. Fu consigliata risonanza di riscontro a breve, la quale diede esito negativo. Una ecografia eseguita a dicembre 2013 risultò interlocutoria, ma mia moglie fu 'licenziata' dall'ecografo con un "Va tutto bene".
Pur essendo io ben consapevole della pericolosità latente della malattia, dopo 4 anni avevamo finito per tranquillizzarci, ed avendo nel frattempo migliorato la nostra condizione economica, avevamo anche ripreso a fare progetti per il futuro.
Ma non ci sarebbe stato nessun futuro.
Il 1° febbraio 2014 mia moglie ha sofferto di un violentissimo attacco diarroico che le ha lasciato uno strascico di forti dolori addominali, tali da renderle difficoltosi persino i movimenti delle gambe. Una TAC eseguita d'urgenza l'11 febbraio ha rivelato l'inesorabilità di questa malattia maledetta, attraverso la presenza di due metastasi epatiche di ben 4 e 7 cm (dico: centimetri).
Come ho sempre fatto, l'ho rassicurata dicendole che avremmo iniziato il ciclo di cure, che avremmo vissuto dei momenti difficili ma che alla fine ce l'avremmo fatta, ma in realtà sapevo che era finita.
Dicono che non bisogna mai arrendersi nè abbandonare la speranza, ma tutte le informazioni che avevo acquisito negli anni su questa forma tumorale di speranza ne lasciavano davvero poca .... la mia unica speranza ha finito per riposare solo su qualche fatto sovrannaturale, miracoloso, che potesse liberare mia moglie dal suo male.
Dopo affannose ricerche in tutta Italia, ho fatto ricoverare mia moglie in un istituto della nostra regione indicatomi direttamente dallo IEO di Milano, dove è rimasta 20 giorni, dal 6 al 25 marzo. Ha fatto due sistemiche con fotemustina ed una locoregionale con mitomicina C, ma non sono servite.
Dopo la dimissione le sue condizioni hanno iniziato a precipitare rapidamente, accusava dolori addominali sempre più forti e persistenti, tamponati come si poteva prima con la tachipirina e poi con gli oppiacei. Il sonno era diventato per lei un lusso e mangiava sempre di meno. Non trovava pace e vagabondava continuamente per casa dal letto alla poltrona al divano, alla vana ricerca di una posizione che potesse alleviare la sua sofferenza.
Il 15 aprile portai le ultime analisi ematiche dall'oncologo e questi, come temevo, mi disse che con quei valori la terapia, la cui continuazione era stata programmata per il 22 aprile, doveva essere sospesa.
Tentai a quel punto la strada della medicina naturale, il 17 aprile feci 1000 km per procurarmi piante ed estratti (aloe arborescens) che iniziai immediatamente a somministrare a mia moglie; contattai anche uno specialista, ma ormai era troppo tardi ..... la mia adorata compagna di tutta una vita mi ha lasciato alle 17:55 del 22 aprile 2014, a soli 46 anni di età.
Non voglio privare nessuno della speranza, ma la mia triste esperienza mi ha insegnato che di fronte a questa malattia non c'è, allo stato attuale dell'arte, il benchè minimo rimedio. L'unica speranza che si può validamente nutrire dopo la diagnosi del tumore primario e che non vi sia mai insorgenza di metastasi, perchè in caso contrario, come si dice in 'medichese', la prognosi è invariabilmente infausta.
Capitasse a me (cosa della quale al momento non mi interesserebbe più di tanto), sfrutterei quei 3-4 anni di 'intervallo' per cogliere a piene mani dalla vita terrena tutto quello che mi piace, in modo da morire almeno senza rimpianti. D'altra parte, anche se fisicamente sono ancora vivo, dal 22 aprile è come se, dentro, fossi morto anch'io.
Durante il suo ricovero, durato dal 18/11 all'11/12/2009 trascorrendo i weekend a casa, ho letteralmente divorato tutto quello che ho potuto trovare su internet (anche in lingua inglese), e già da allora mi resi conto che avevamo a che fare con una cosa, della quale fino ad allora ignoravo persino l'esistenza, veramente molto ma molto brutta, tanto che a mia moglie preferii non dire tutta la verità.
Il 10/12/2009 le fu asportato l'occhio sinistro: la formazione era troppo grossa per poter essere trattata in alcun modo. Furono eseguiti tutti i possibili esami diagnostici, inclusa la biopsia, per escludere la presenza di metastasi al fegato (il melanoma della coroide mestastatizza al fegato nel 92% dei casi). Consultammo anche uno specialista al Gemelli di Roma, il quale ci 'tranquillizzò' dicendoci che le metastasi insorgono mediamente fra i 3 e i 5 anni dopo l'asportazione del tumore primario.
Mia moglie, pur così apparentemente debole e fragile, ha portato con grande dignità e spirito la sua menomazione, al punto che spesso, in questi anni, abbiamo finito pure per scherzarci su ("Butta un occhio alla pasta" era una delle battute più ricorrenti).
Lei ha vissuto 4 anni serenamente, perchè io - mentendole - le ho sempre detto che, ovemai le metastasi si fossero presentate, esse sarebbero state curabili.
Abbiamo fatto i controlli semestrali di routine, prima dei quali la mia angoscia e la mia paura montavano irrefrenabili, per poi scomparire di fronte all'esito negativo, accompagnate dal pensiero che avevamo guadagnato altri 6 mesi di vita.
A maggio del 2013 la TAC di controllo risultò dubitativa con riferimento a due lesioni focali epatiche di circa 2 cm. Fu consigliata risonanza di riscontro a breve, la quale diede esito negativo. Una ecografia eseguita a dicembre 2013 risultò interlocutoria, ma mia moglie fu 'licenziata' dall'ecografo con un "Va tutto bene".
Pur essendo io ben consapevole della pericolosità latente della malattia, dopo 4 anni avevamo finito per tranquillizzarci, ed avendo nel frattempo migliorato la nostra condizione economica, avevamo anche ripreso a fare progetti per il futuro.
Ma non ci sarebbe stato nessun futuro.
Il 1° febbraio 2014 mia moglie ha sofferto di un violentissimo attacco diarroico che le ha lasciato uno strascico di forti dolori addominali, tali da renderle difficoltosi persino i movimenti delle gambe. Una TAC eseguita d'urgenza l'11 febbraio ha rivelato l'inesorabilità di questa malattia maledetta, attraverso la presenza di due metastasi epatiche di ben 4 e 7 cm (dico: centimetri).
Come ho sempre fatto, l'ho rassicurata dicendole che avremmo iniziato il ciclo di cure, che avremmo vissuto dei momenti difficili ma che alla fine ce l'avremmo fatta, ma in realtà sapevo che era finita.
Dicono che non bisogna mai arrendersi nè abbandonare la speranza, ma tutte le informazioni che avevo acquisito negli anni su questa forma tumorale di speranza ne lasciavano davvero poca .... la mia unica speranza ha finito per riposare solo su qualche fatto sovrannaturale, miracoloso, che potesse liberare mia moglie dal suo male.
Dopo affannose ricerche in tutta Italia, ho fatto ricoverare mia moglie in un istituto della nostra regione indicatomi direttamente dallo IEO di Milano, dove è rimasta 20 giorni, dal 6 al 25 marzo. Ha fatto due sistemiche con fotemustina ed una locoregionale con mitomicina C, ma non sono servite.
Dopo la dimissione le sue condizioni hanno iniziato a precipitare rapidamente, accusava dolori addominali sempre più forti e persistenti, tamponati come si poteva prima con la tachipirina e poi con gli oppiacei. Il sonno era diventato per lei un lusso e mangiava sempre di meno. Non trovava pace e vagabondava continuamente per casa dal letto alla poltrona al divano, alla vana ricerca di una posizione che potesse alleviare la sua sofferenza.
Il 15 aprile portai le ultime analisi ematiche dall'oncologo e questi, come temevo, mi disse che con quei valori la terapia, la cui continuazione era stata programmata per il 22 aprile, doveva essere sospesa.
Tentai a quel punto la strada della medicina naturale, il 17 aprile feci 1000 km per procurarmi piante ed estratti (aloe arborescens) che iniziai immediatamente a somministrare a mia moglie; contattai anche uno specialista, ma ormai era troppo tardi ..... la mia adorata compagna di tutta una vita mi ha lasciato alle 17:55 del 22 aprile 2014, a soli 46 anni di età.
Non voglio privare nessuno della speranza, ma la mia triste esperienza mi ha insegnato che di fronte a questa malattia non c'è, allo stato attuale dell'arte, il benchè minimo rimedio. L'unica speranza che si può validamente nutrire dopo la diagnosi del tumore primario e che non vi sia mai insorgenza di metastasi, perchè in caso contrario, come si dice in 'medichese', la prognosi è invariabilmente infausta.
Capitasse a me (cosa della quale al momento non mi interesserebbe più di tanto), sfrutterei quei 3-4 anni di 'intervallo' per cogliere a piene mani dalla vita terrena tutto quello che mi piace, in modo da morire almeno senza rimpianti. D'altra parte, anche se fisicamente sono ancora vivo, dal 22 aprile è come se, dentro, fossi morto anch'io.