Un mondo parallelo
Inviato: ven 21 ago 2015, 12:36
Non avrei mai pensato di frequentare un giorno queste pagine, perché chi non ha mai incontrato sulla sua strada il tumore vive in un'altra dimensione, in un luogo dove anch’io vivevo fino a 3 mesi fa.
Un giorno però lo incontri e capisci che sei entrato a far parte di un mondo parallelo, dove l’orizzonte è scomparso e il futuro non è più incerto ma è semplicemente impossibile da immaginare.
Ho perso Cinzia, mia moglie di 55 anni (eravamo perfettamente coetanei), il 29 giugno dopo quattro settimane di ricovero con il destino incanalato in un’unica direzione, quella della discesa all’inferno.
Mai un giorno di tregua, mai un sintomo che potesse darci una speranza. Ogni diagnosi un pugno nello stomaco che mi lasciava senza fiato. Piangevo senza ritegno davanti a medici e infermieri e davanti a lei che invece non si è mostrata mai cedevole di fronte alla malattia e chiedeva loro di consolarmi.
E poi dolori ingestibili, la sofferenza senza fine negli occhi della persona con cui ho vissuto 35 anni della mia vita. Gli antidolorifici più potenti e la perdita di coscienza, la chemio ultima spiaggia e definitiva condanna.
E’ andata via da noi di notte per una polmonite, ad assisterla io e mia figlia Sara di 17 anni, le uniche persone che ha voluto vedere durante tutto il ricovero.
Ora non so cosa chiedere alla vita, non so di cosa ho bisogno. La rivorrei qui per chiederle perdono per tutto, per risentirla dire che sono una “bella persona” anche se non me lo merito. Vorrei suonasse il telefono in ufficio e fosse ancora lei che mi chiede “Ciao patata come stai?”. Cose semplici delle quali non ci curiamo quando abbiamo la convinzione che tutto sia eterno ed immutabile e che ora sarebbero più preziose dell’oro, importanti quanto la vita stessa.
Da tre mesi la mia esistenza è come se fosse sospesa, in apnea. Mi tornano le immagini di quella notte, di me e Sara che percorriamo i corridoi di quell’ospedale portando quelle borse che sembrano valigie pesantissime e con le quali portiamo via le sue povere cose…………. insieme alla nostra disperazione.
Un giorno però lo incontri e capisci che sei entrato a far parte di un mondo parallelo, dove l’orizzonte è scomparso e il futuro non è più incerto ma è semplicemente impossibile da immaginare.
Ho perso Cinzia, mia moglie di 55 anni (eravamo perfettamente coetanei), il 29 giugno dopo quattro settimane di ricovero con il destino incanalato in un’unica direzione, quella della discesa all’inferno.
Mai un giorno di tregua, mai un sintomo che potesse darci una speranza. Ogni diagnosi un pugno nello stomaco che mi lasciava senza fiato. Piangevo senza ritegno davanti a medici e infermieri e davanti a lei che invece non si è mostrata mai cedevole di fronte alla malattia e chiedeva loro di consolarmi.
E poi dolori ingestibili, la sofferenza senza fine negli occhi della persona con cui ho vissuto 35 anni della mia vita. Gli antidolorifici più potenti e la perdita di coscienza, la chemio ultima spiaggia e definitiva condanna.
E’ andata via da noi di notte per una polmonite, ad assisterla io e mia figlia Sara di 17 anni, le uniche persone che ha voluto vedere durante tutto il ricovero.
Ora non so cosa chiedere alla vita, non so di cosa ho bisogno. La rivorrei qui per chiederle perdono per tutto, per risentirla dire che sono una “bella persona” anche se non me lo merito. Vorrei suonasse il telefono in ufficio e fosse ancora lei che mi chiede “Ciao patata come stai?”. Cose semplici delle quali non ci curiamo quando abbiamo la convinzione che tutto sia eterno ed immutabile e che ora sarebbero più preziose dell’oro, importanti quanto la vita stessa.
Da tre mesi la mia esistenza è come se fosse sospesa, in apnea. Mi tornano le immagini di quella notte, di me e Sara che percorriamo i corridoi di quell’ospedale portando quelle borse che sembrano valigie pesantissime e con le quali portiamo via le sue povere cose…………. insieme alla nostra disperazione.