Mia mamma se ne è andata 5 mesi fa...
Inviato: mer 13 set 2017, 16:48
Ciao, sono nuova sul forum.
5 mesi fa mia madre se ne è andata, dopo 1 anno in cui un tumore rarissimo, partito da una ghiandola salivare e in seguito sparso un po' ovunque, se l'è portata via a 63 anni, togliendola alla vita ma soprattutto a me, sua unica figlia di 25 anni.
A dir la verità non ho letto tutti i post di questo forum, era come se sentissi una necessità impellente di scrivere subito e condividere anch'io, ma mi è parso di capire che la maggioranza delle persone sta ancora convivendo con la malattia della propria persona cara, perciò forse vi sembrerà strano che io scriva questo messaggio dopo 5 mesi. In realtà lo faccio perché proprio dopo 5 mesi, quando gli esperti dicono che il dolore del lutto dovrebbe iniziare ad affievolirsi, mi sono resa conto che non è così, e che tutto quello che forse ho cercato di rimuovere in questi mesi, sta ritornando fuori in modo più violento di prima. Durante tutto il corso di questa terribile esperienza, infatti, ho sempre avuto molte persone vicino, compresa naturalmente la famiglia, e mio padre in primis. Ma purtroppo in questi 5 mesi mi sono resa conto che nessuno, davvero nessuno, neppure lui che ha vissuto la malattia di mia madre da marito, ma non da figlia di 25 anni per la quale la mamma era la persona più importante e indispensabile del mondo, riesce davvero a capirmi. Perciò ho pensato che confrontarmi con figli come me, e magari anche della mia stessa età, potesse aiutarmi di più, e magari potessi anche' io aiutare coloro che sanno già di dover affrontare questo calvario, ma che purtroppo sono solo all' inizio come lo ero io fino ad un anno fa.
Che dire. Il mio primo incontro/scontro con la malattia di mia madre è stato forse il primo vero trauma. Non ci credevo, non lo ritenevo possibile quando lo abbiamo scoperto, e forse nemmeno ora. Non credevo davvero possibile che una donna di 63 anni ma che ne dimostrava 40, in piena forma, che conduceva una vita e coltivava un' alimentazione più che sana, 3 volte alla settimana in palestra, una vita di prevenzione, insomma la salutista di professione, potesse avere uno dei tumori ancora più rari in Italia, quello del cavo orale.
Si è scoperto da una piccola ghiandola salivare ingrossata e poi infettata, come se fosse un' afta, e dopo un mese di visite varie ed esami, il verdetto peggiore, anche se non così tanto da disperarsi o ritenersi spacciati, dicevano i dottori.
Dicevano anzi che mia madre sarebbe sicuramente guarita. Che operare non si poteva, essendo in un punto troppo delicato anche dal punto di vista estetico, ma che con delle buone sedute di chemio e radioterapia mirata, le classiche cure insomma, sicuramente, se la reazione fosse stat buona, quello schifosissimo carcinoma se ne sarebbe andato completamente.
Evito di stare a raccontare tutto nel dettaglio, perché sarebbe davvero troppo lungo e forse non ci riuscirei nemmeno, ma quando mia madre, con una forza d' animo miracolosa e una voglia di vivere che almeno metà popolazione sana al mondo non ha (senza contare l' amore smisurato verso di me e mio padre) ha iniziato le terapie, io e lei abbiamo fatto un accordo. Lei sarebbe stata la mia Pantera, nella lotta feroce contro quel mostro, e io sarei stata il suo Leone, coraggioso e feroce nell' affrontarlo insieme a lei, per quanto possibile, e insieme lo avremmo sconfitto, ne eravamo sicure.
Dal giorno in cui l' ho saputo e credevo di morire, a quello in cui invece le cure sono iniziate, non so dove l' ho trovata, ma una forza incredibile cresceva in me. Un desiderio di sconfiggere quel mostro che davvero era più forte di qualunque debolezza o pianto, che chiaramente non mancavano. Immaginate infatti, o forse qualcuno di voi già lo sa, anche se per questo tipo cos' particolare di tumore purtroppo è ancora più devastante, l' effetto delle cure sul fisico di mia madre. Al di là dei capelli caduti, della nausea, del vomito e della mancanza d' appetito, ho visto mia madre diventare in 3 mesi dalla donna più bella che conoscevo, un esserino di 39kg, senza capelli, con il volto, la bocca e il collo completamente bruciate e bombardate dalla radioterapia. Non solo doveva essere alimentata in modo artificiale, ma non poteva nemmeno più parlare.
In poche parole, da che mia madre era il mio tutto, io una madre non ce l' avevo più, anche se era ancora viva.
Ma nonostante non auguri mai a nessuno di vedere la propria madre come l' ho vista io in quei mesi, stringevo i denti nel mio immenso dolore e cercavo di non mollare, perché mi avevano assicurato, che quella purtroppo era l' unica via possibile per la guarigione.
Questo era l' unico, davvero l' unico motivo che mi dava la forza di vedere mia madre in quello stato, disumano, agonizzante, terribile anche solo da descrivere, e nonostante tutto ciò così pieno d' amore, che non ha mai smesso di trasmettermi fino al suo ultimo respiro.
Così arrivava settembre, dopo 4 mesi dall' inizio delle cure, e doveva essere la fine. Gli esami erano stati fatti, e anche se tremavamo di paura e non ci credevamo nemmeno noi, sembrava davvero tutto finito. Quel mostro dalla risonanza, dalla tac, e dalla pet era scomparso, sembrava SCOMPARSO. Ricordo che l' anno scorso proprio di questo periodo, finalmente iniziavo a capir il valore della parola felicità. Era quasi il mio compleanno, e mia madre giorno dopo giorno anche se con tanta difficoltà, sembrava rifiorire.
Tutti gridavano al miracolo. Tutti eravamo così felici. Ma no. Non era così... già un mese dopo dagli esami di rito dopo il termine delle cure, iniziava a vedersi qualcosa di strano...qualcosa che non era più tanto in bocca, in viso, in testa insomma...ma nel fegato. Quello schifoso aveva sparso le sue cellule impazzite ovunque, nonostante la ferocia e l' aggressione di quelle cure, era stato più forte lui. E li il ripiombo nel baratro. Ma anche quello temporaneo, perché se non lo sapete già vi insegno una cosa. Brutta ma vera, come tutto quello di cui si parla in questo forum purtroppo.
I medici fino all' ultimo, finche c' è qualcosa da fare, non vi diranno mai che vostra madre morirà. E quindi diranno semplicemente, come hanno fatto con noi, che bisognerà ricominciare le cure, diverse e più blande di quelle precedenti, ma comunque da fare.
Tutto ricomincia, lentamente, quasi immerso in un torpore strano che ancora non comprendevo a pieno, quasi in un certo senso rassicurante.
Fino a 3 mesi dopo. 3 lunghissimi mesi in cui quando la vedevi ti accorgevi che le cose peggioravano, ma così lentamente, giorno per giorno, tanto che non volevi rendertene conto, perché i medici come al solito erano muti, e le cure erano comunque in corso, quindi nulla poteva andare male, o per lo meno non peggio dell' inizio, di quel viso e quel' occhio completamente gonfi e tumefatti, aggrediti di nuovo da quel mostro, ma stavolta lentamente, finche non è arrivato quel giorno. Quel maledetto giorno di marzo in cui me lo dicono, e io non ci credo. Mi dicono che mia madre non ce l' avrebbe fatta. Nonostante le cure, nonostante la sua forza d' animo, nonostante tutti i nostri sforzi, nonostante la sua agonia e la sua sicurezza di guarire, ma soprattutto nonostante la sua incredibile e implacabile voglia di vivere. Da quel giorno invece, purtroppo smetto di vivere io.
Da quel giorno mollo tutto per stare accanto al suo letto giorno, e quasi tutta la notte quando riuscivo, quando la stanchezza non mi assaliva.
I giorni più brutti e assieme più belli della mia vita. Gli ultimi giorni con mia madre, ridotta in un letto di morte, in una condizione che ancora non ho la forza di descrivere purtroppo, ma che ogni sua prima di andare a dormire e ogni mattina appena mi sveglio, è un' immagine fissa nella mia mente, come fosse accaduto ieri. Come quella notte, la notte dell' 8 aprile, in cui mio padre mi sveglia di soprassalto, e mi dice vieni, mamma sta smettendo di respirare. Le tolgono la maschera dell' ossigeno, non faccio in tempo ad arrivare nella sua camera, distante 3 metri dalla mia, le prendo la mano, ormai incapace di qualsiasi forza, gliela stringo e le dico mamma no, non te ne andare. Ma lei se ne va. Un ultimo sospiro e se ne va. Davanti ai miei occhi. Davanti al mio sguardo incredulo. Davanti al mio cuore, che in quel momento si ferma anche lui, e poi cade in frantumi, in un milione di pezzi.
Sul momento non riesco neanche a piangere, pensate, non ci credo. Il giorno dopo quando la vedo nella bara neanche. Due giorni dopo quando so che è l' ultima volta che vedrò il suo corpo sì, allora piango, disperata, urlando. Anche al funerale piango, e rimango stordita, in mezzo a milioni di persone. Il giorno dopo il funerale piango, e più o meno tutti i giorni a venire per 2 settimane. Poi d' un tratto smetto, e mi rendo conto che non mi rendo ancor conto, che non ho ancora realizzato niente. Oggi, dopo 5 mesi e 4 giorni, forse non ho ancora realizzato nulla, o forse sì, dacché lei non c' è più, non posso più abbracciarla, vederla, o raccontarle nulla, e la mia vita è stata svuotata dell' unica persona veramente indispensabile al mondo, uccisa da un male che per tutta la mia vita, chissà quanto lunga sarà, rimarrà incomprensibile. Ha vinto lui, e forse ci metterò tutta la vita per accettarlo.
5 mesi fa mia madre se ne è andata, dopo 1 anno in cui un tumore rarissimo, partito da una ghiandola salivare e in seguito sparso un po' ovunque, se l'è portata via a 63 anni, togliendola alla vita ma soprattutto a me, sua unica figlia di 25 anni.
A dir la verità non ho letto tutti i post di questo forum, era come se sentissi una necessità impellente di scrivere subito e condividere anch'io, ma mi è parso di capire che la maggioranza delle persone sta ancora convivendo con la malattia della propria persona cara, perciò forse vi sembrerà strano che io scriva questo messaggio dopo 5 mesi. In realtà lo faccio perché proprio dopo 5 mesi, quando gli esperti dicono che il dolore del lutto dovrebbe iniziare ad affievolirsi, mi sono resa conto che non è così, e che tutto quello che forse ho cercato di rimuovere in questi mesi, sta ritornando fuori in modo più violento di prima. Durante tutto il corso di questa terribile esperienza, infatti, ho sempre avuto molte persone vicino, compresa naturalmente la famiglia, e mio padre in primis. Ma purtroppo in questi 5 mesi mi sono resa conto che nessuno, davvero nessuno, neppure lui che ha vissuto la malattia di mia madre da marito, ma non da figlia di 25 anni per la quale la mamma era la persona più importante e indispensabile del mondo, riesce davvero a capirmi. Perciò ho pensato che confrontarmi con figli come me, e magari anche della mia stessa età, potesse aiutarmi di più, e magari potessi anche' io aiutare coloro che sanno già di dover affrontare questo calvario, ma che purtroppo sono solo all' inizio come lo ero io fino ad un anno fa.
Che dire. Il mio primo incontro/scontro con la malattia di mia madre è stato forse il primo vero trauma. Non ci credevo, non lo ritenevo possibile quando lo abbiamo scoperto, e forse nemmeno ora. Non credevo davvero possibile che una donna di 63 anni ma che ne dimostrava 40, in piena forma, che conduceva una vita e coltivava un' alimentazione più che sana, 3 volte alla settimana in palestra, una vita di prevenzione, insomma la salutista di professione, potesse avere uno dei tumori ancora più rari in Italia, quello del cavo orale.
Si è scoperto da una piccola ghiandola salivare ingrossata e poi infettata, come se fosse un' afta, e dopo un mese di visite varie ed esami, il verdetto peggiore, anche se non così tanto da disperarsi o ritenersi spacciati, dicevano i dottori.
Dicevano anzi che mia madre sarebbe sicuramente guarita. Che operare non si poteva, essendo in un punto troppo delicato anche dal punto di vista estetico, ma che con delle buone sedute di chemio e radioterapia mirata, le classiche cure insomma, sicuramente, se la reazione fosse stat buona, quello schifosissimo carcinoma se ne sarebbe andato completamente.
Evito di stare a raccontare tutto nel dettaglio, perché sarebbe davvero troppo lungo e forse non ci riuscirei nemmeno, ma quando mia madre, con una forza d' animo miracolosa e una voglia di vivere che almeno metà popolazione sana al mondo non ha (senza contare l' amore smisurato verso di me e mio padre) ha iniziato le terapie, io e lei abbiamo fatto un accordo. Lei sarebbe stata la mia Pantera, nella lotta feroce contro quel mostro, e io sarei stata il suo Leone, coraggioso e feroce nell' affrontarlo insieme a lei, per quanto possibile, e insieme lo avremmo sconfitto, ne eravamo sicure.
Dal giorno in cui l' ho saputo e credevo di morire, a quello in cui invece le cure sono iniziate, non so dove l' ho trovata, ma una forza incredibile cresceva in me. Un desiderio di sconfiggere quel mostro che davvero era più forte di qualunque debolezza o pianto, che chiaramente non mancavano. Immaginate infatti, o forse qualcuno di voi già lo sa, anche se per questo tipo cos' particolare di tumore purtroppo è ancora più devastante, l' effetto delle cure sul fisico di mia madre. Al di là dei capelli caduti, della nausea, del vomito e della mancanza d' appetito, ho visto mia madre diventare in 3 mesi dalla donna più bella che conoscevo, un esserino di 39kg, senza capelli, con il volto, la bocca e il collo completamente bruciate e bombardate dalla radioterapia. Non solo doveva essere alimentata in modo artificiale, ma non poteva nemmeno più parlare.
In poche parole, da che mia madre era il mio tutto, io una madre non ce l' avevo più, anche se era ancora viva.
Ma nonostante non auguri mai a nessuno di vedere la propria madre come l' ho vista io in quei mesi, stringevo i denti nel mio immenso dolore e cercavo di non mollare, perché mi avevano assicurato, che quella purtroppo era l' unica via possibile per la guarigione.
Questo era l' unico, davvero l' unico motivo che mi dava la forza di vedere mia madre in quello stato, disumano, agonizzante, terribile anche solo da descrivere, e nonostante tutto ciò così pieno d' amore, che non ha mai smesso di trasmettermi fino al suo ultimo respiro.
Così arrivava settembre, dopo 4 mesi dall' inizio delle cure, e doveva essere la fine. Gli esami erano stati fatti, e anche se tremavamo di paura e non ci credevamo nemmeno noi, sembrava davvero tutto finito. Quel mostro dalla risonanza, dalla tac, e dalla pet era scomparso, sembrava SCOMPARSO. Ricordo che l' anno scorso proprio di questo periodo, finalmente iniziavo a capir il valore della parola felicità. Era quasi il mio compleanno, e mia madre giorno dopo giorno anche se con tanta difficoltà, sembrava rifiorire.
Tutti gridavano al miracolo. Tutti eravamo così felici. Ma no. Non era così... già un mese dopo dagli esami di rito dopo il termine delle cure, iniziava a vedersi qualcosa di strano...qualcosa che non era più tanto in bocca, in viso, in testa insomma...ma nel fegato. Quello schifoso aveva sparso le sue cellule impazzite ovunque, nonostante la ferocia e l' aggressione di quelle cure, era stato più forte lui. E li il ripiombo nel baratro. Ma anche quello temporaneo, perché se non lo sapete già vi insegno una cosa. Brutta ma vera, come tutto quello di cui si parla in questo forum purtroppo.
I medici fino all' ultimo, finche c' è qualcosa da fare, non vi diranno mai che vostra madre morirà. E quindi diranno semplicemente, come hanno fatto con noi, che bisognerà ricominciare le cure, diverse e più blande di quelle precedenti, ma comunque da fare.
Tutto ricomincia, lentamente, quasi immerso in un torpore strano che ancora non comprendevo a pieno, quasi in un certo senso rassicurante.
Fino a 3 mesi dopo. 3 lunghissimi mesi in cui quando la vedevi ti accorgevi che le cose peggioravano, ma così lentamente, giorno per giorno, tanto che non volevi rendertene conto, perché i medici come al solito erano muti, e le cure erano comunque in corso, quindi nulla poteva andare male, o per lo meno non peggio dell' inizio, di quel viso e quel' occhio completamente gonfi e tumefatti, aggrediti di nuovo da quel mostro, ma stavolta lentamente, finche non è arrivato quel giorno. Quel maledetto giorno di marzo in cui me lo dicono, e io non ci credo. Mi dicono che mia madre non ce l' avrebbe fatta. Nonostante le cure, nonostante la sua forza d' animo, nonostante tutti i nostri sforzi, nonostante la sua agonia e la sua sicurezza di guarire, ma soprattutto nonostante la sua incredibile e implacabile voglia di vivere. Da quel giorno invece, purtroppo smetto di vivere io.
Da quel giorno mollo tutto per stare accanto al suo letto giorno, e quasi tutta la notte quando riuscivo, quando la stanchezza non mi assaliva.
I giorni più brutti e assieme più belli della mia vita. Gli ultimi giorni con mia madre, ridotta in un letto di morte, in una condizione che ancora non ho la forza di descrivere purtroppo, ma che ogni sua prima di andare a dormire e ogni mattina appena mi sveglio, è un' immagine fissa nella mia mente, come fosse accaduto ieri. Come quella notte, la notte dell' 8 aprile, in cui mio padre mi sveglia di soprassalto, e mi dice vieni, mamma sta smettendo di respirare. Le tolgono la maschera dell' ossigeno, non faccio in tempo ad arrivare nella sua camera, distante 3 metri dalla mia, le prendo la mano, ormai incapace di qualsiasi forza, gliela stringo e le dico mamma no, non te ne andare. Ma lei se ne va. Un ultimo sospiro e se ne va. Davanti ai miei occhi. Davanti al mio sguardo incredulo. Davanti al mio cuore, che in quel momento si ferma anche lui, e poi cade in frantumi, in un milione di pezzi.
Sul momento non riesco neanche a piangere, pensate, non ci credo. Il giorno dopo quando la vedo nella bara neanche. Due giorni dopo quando so che è l' ultima volta che vedrò il suo corpo sì, allora piango, disperata, urlando. Anche al funerale piango, e rimango stordita, in mezzo a milioni di persone. Il giorno dopo il funerale piango, e più o meno tutti i giorni a venire per 2 settimane. Poi d' un tratto smetto, e mi rendo conto che non mi rendo ancor conto, che non ho ancora realizzato niente. Oggi, dopo 5 mesi e 4 giorni, forse non ho ancora realizzato nulla, o forse sì, dacché lei non c' è più, non posso più abbracciarla, vederla, o raccontarle nulla, e la mia vita è stata svuotata dell' unica persona veramente indispensabile al mondo, uccisa da un male che per tutta la mia vita, chissà quanto lunga sarà, rimarrà incomprensibile. Ha vinto lui, e forse ci metterò tutta la vita per accettarlo.