Come ce la si fa senza?
Re: Come ce la si fa senza?
Quante volte ci siamo confrontate io e Mimetta! Io purtroppo non posso lasciare il forum perché sono in follow up da k al colon, come mio marito, solo che lui è morto quasi tre anni fa.
Ho smesso di andare dalla psicologa, ma uso sempre ansiolitici e antidepressivi. Piano piano ho ripreso la mia progettualità che è sempre stata altissima. Coltivo le mie amicizie, ho fatto venire ad abitare la ragazza di mio figlio con noi, sabato vado a prendere un cane al canile. Mi riempio di impegni, spero che la salute tenga. Ma "lui" è sempre quel dolore latente che ogni tanto scoppia, e ancora adesso mi sembra impossibile che non lo vedrò mai più.
Ho smesso di andare dalla psicologa, ma uso sempre ansiolitici e antidepressivi. Piano piano ho ripreso la mia progettualità che è sempre stata altissima. Coltivo le mie amicizie, ho fatto venire ad abitare la ragazza di mio figlio con noi, sabato vado a prendere un cane al canile. Mi riempio di impegni, spero che la salute tenga. Ma "lui" è sempre quel dolore latente che ogni tanto scoppia, e ancora adesso mi sembra impossibile che non lo vedrò mai più.
Re: Come ce la si fa senza?
Buona sera.... è tanto che non entro....ho dovuto fare pace con me stessa e con i "demoni" che la malattia di mio marito mi aveva lasciato nell'anima .
Ho letto un po' la tua storia Ceci e mi spiace moltissimo che tu debba passare tutto quello che in molte abbiamo già passato purtroppo...
Durante la malattia di Alessandro io sono stata una perfetta care giver...accudente...sempre pronta...mai un momento di cedimento ne con lui né con la nostra bimba...ne con gli amici....mi dicevano "non so come tu faccia ad essere sempre così positiva e sorridente"....io avevo un solo scopo farlo stare bene...tenerlo con noi ..e anche alla fine ho voluto che morisse a casa nel suo letto abbracciato a me.
Il dopo è stata tutta un'altra storia....un dolore immenso...profondo...lacerante...un pianto incontenibile persino malattie fisiche che avevo trascurato e non sapevo di avere....ho toccato il fondo pur non lasciandomi mai andare perché ho una bambina e lei ha solo me ormai....sono stati 2 anni e mezzo duri...
Ora finalmente riesco a parlare di lui senza piangere e a ricordare anche le cose belle e non solo i brutti momenti della malattia.
Ceci stringilo forte....immagazzina più che puoi il suo profumo...la sua voce....i bei ricordi...ti servirà....abbraccialo....ora ti serve questo e non pensare al dopo....avrai tempo e modo.
Ti stringo forte
Ho letto un po' la tua storia Ceci e mi spiace moltissimo che tu debba passare tutto quello che in molte abbiamo già passato purtroppo...
Durante la malattia di Alessandro io sono stata una perfetta care giver...accudente...sempre pronta...mai un momento di cedimento ne con lui né con la nostra bimba...ne con gli amici....mi dicevano "non so come tu faccia ad essere sempre così positiva e sorridente"....io avevo un solo scopo farlo stare bene...tenerlo con noi ..e anche alla fine ho voluto che morisse a casa nel suo letto abbracciato a me.
Il dopo è stata tutta un'altra storia....un dolore immenso...profondo...lacerante...un pianto incontenibile persino malattie fisiche che avevo trascurato e non sapevo di avere....ho toccato il fondo pur non lasciandomi mai andare perché ho una bambina e lei ha solo me ormai....sono stati 2 anni e mezzo duri...
Ora finalmente riesco a parlare di lui senza piangere e a ricordare anche le cose belle e non solo i brutti momenti della malattia.
Ceci stringilo forte....immagazzina più che puoi il suo profumo...la sua voce....i bei ricordi...ti servirà....abbraccialo....ora ti serve questo e non pensare al dopo....avrai tempo e modo.
Ti stringo forte
Re: Come ce la si fa senza?
Silvia che immenso piacere rileggerti!!! sono "felice" che tu riesca a pensare ad Alessandro senza piangere, stai facendo progressi. sei e sarai una donna stupenda, per te, per lui e per tua figlia.
Ti abbraccio forte e stretta!
Ti abbraccio forte e stretta!
Re: Come ce la si fa senza?
Buongiorno a tutti e a tutte,
anche io ormai qui entro di rado, giusto a controllare di non avere messaggi privati che, magari, cercano un aiuto o un consiglio.
Quando si è ammalato mio padre avevo 22 anni, è vissuto 9 mesi e con mamma abbiamo fatto di tutto per offrirgli più sollievo possibile. Andavamo noi alle visite, io ho messo in pausa l'università per assisterlo (mamma lavorava ancora), lo abbiamo portato all'hospice alla fine, in un periodo storico in cui queste strutture erano molto più rare e poco conosciute. Nel nostro caso è stata la scelta giusta, che, purtroppo, ho dovuto ripetere da sola, 4 anni fa, per mamma. Questa volta è stata durissima, imparagonabile alla morte del proprio compagno, ma durissima. Mia madre è sopravvissuta solo 6 mesi, ma mentre mio papà era un uomo sempre in difficoltà, con problemi di depressione e di salute in generale, mamma era una forza della natura. Sono rimasta sconvolta. Durante tutta la sua malattia, però, non ho mai ceduto, per lei e probabilmente anche per me. I sei mesi successivi alla sua morte mi sentivo fortissima, come se andandosene mi avesse trasmesso la sua energia, poi sono crollata. Ho ripreso gli psicofarmaci già assunti in passato, ho continuato la psicoterapia (ci vado da poco prima della diagnosi di mio padre, 18 anni fa) e mi sono dedicata al lavoro più che ho potuto. Poi il lockdown. Insomma, sono stati 4 anni durissimi, lo ammetto, pieni di ricordi terribili che sto provando ora a superare con l'EMDR, nel frattempo mi sono sposata, ho mantenuto la casa di famiglia dove sono cresciuta vivendoci sei mesi l'anno, ho iniziato a praticare yoga con costanza... ho continuato, anzi, forse dovrei scrivere ripreso, a vivere.
Auguro a tutti e a tutte di trovare serenità, nel lutto, nel percorso da caregiver, nel futuro.
Un abbraccio
anche io ormai qui entro di rado, giusto a controllare di non avere messaggi privati che, magari, cercano un aiuto o un consiglio.
Quando si è ammalato mio padre avevo 22 anni, è vissuto 9 mesi e con mamma abbiamo fatto di tutto per offrirgli più sollievo possibile. Andavamo noi alle visite, io ho messo in pausa l'università per assisterlo (mamma lavorava ancora), lo abbiamo portato all'hospice alla fine, in un periodo storico in cui queste strutture erano molto più rare e poco conosciute. Nel nostro caso è stata la scelta giusta, che, purtroppo, ho dovuto ripetere da sola, 4 anni fa, per mamma. Questa volta è stata durissima, imparagonabile alla morte del proprio compagno, ma durissima. Mia madre è sopravvissuta solo 6 mesi, ma mentre mio papà era un uomo sempre in difficoltà, con problemi di depressione e di salute in generale, mamma era una forza della natura. Sono rimasta sconvolta. Durante tutta la sua malattia, però, non ho mai ceduto, per lei e probabilmente anche per me. I sei mesi successivi alla sua morte mi sentivo fortissima, come se andandosene mi avesse trasmesso la sua energia, poi sono crollata. Ho ripreso gli psicofarmaci già assunti in passato, ho continuato la psicoterapia (ci vado da poco prima della diagnosi di mio padre, 18 anni fa) e mi sono dedicata al lavoro più che ho potuto. Poi il lockdown. Insomma, sono stati 4 anni durissimi, lo ammetto, pieni di ricordi terribili che sto provando ora a superare con l'EMDR, nel frattempo mi sono sposata, ho mantenuto la casa di famiglia dove sono cresciuta vivendoci sei mesi l'anno, ho iniziato a praticare yoga con costanza... ho continuato, anzi, forse dovrei scrivere ripreso, a vivere.
Auguro a tutti e a tutte di trovare serenità, nel lutto, nel percorso da caregiver, nel futuro.
Un abbraccio
Re: Come ce la si fa senza?
Penso che avremmo potuto gestire tutto molto meglio e con più dignità se ci avessero messo davanti ad una diagnosi chiara per quanto terribile. E invece c'è stata una confusione totale per tutto il percorso. I sintomi di mio marito, il suo passare da un'emergenza all'altra non si riflettevano nel comportamento dei medici che abbiamo avuto attorno e questo ha esasperato ansia e agitazione. Avrei voluto che ci fosse stato un verdetto chiaro e che ci fossimo stati messi davanti insieme. So che mio marito non aveva un carattere reattivo, ma sarebbe stato liberatorio poter parlare concretamente con lui, finché stava ancora relativamente bene , di morte e di ciò che avremmo dovuto affrontare. A Pisa il chirurgo fermò l'intervento e mi confessò che non c'erano speranze. A mio marito non fu detto nulla. La curante creava fumo su fumo. A Prato cominciarono a creare spiragli di speranza, dicendo che la tac era sovrapponibile a quella di aprile e quindi pareva quasi che a Pisa l'avessero sparata grossa. In realtà l'oncologa sembrava recitasse una parte. Mio marito abboccava, come me, per disperazione e paura. Ci sono tante cose che avrei voluto fare diversamente e che gli avrei voluto dire. Mi hanno illusa che avrebbe potuto guarire e mi sono trasformata in un'infermiera rompiscatole per massimizzare ogni possibilità di ripresa. Avessimo saputo per certo che non c'era scampo non lo avrei fatto, gli avrei fatto mangiare quello che mi chiedeva, avrei potuto chiedergli cosa stesse provando dentro di sé. Invece stavo sempre attenta a tutto, sempre sul filo del rasoio.Sapevo che sarebbe morto perché mi rendevo perfettamente conto delle sue condizioni in costante peggioramento, ma non potevo esprimere nessun sentimento perché poi pensavo che forse poteva anche guarire e abbattendolo avrei bruciato ogni minima speranza.
Quando è morto avevo ancora dentro un' infinità di emozioni mai espresse, cose mai dette, domande per lui che mi ero tenuta per me. Non gli ho mai chiesto se aveva paura di morire, come si sentiva rispetto a questo, lui non mi ha mai detto cosa voleva che io facessi dopo per tirare avanti con le nostre figlie. Abbiamo avuto otto mesi a disposizione ed è stato come se lui fosse uscito la mattina e non fosse mai tornato a casa. Tutto questo non riesco ad accettarlo.
Quando è morto avevo ancora dentro un' infinità di emozioni mai espresse, cose mai dette, domande per lui che mi ero tenuta per me. Non gli ho mai chiesto se aveva paura di morire, come si sentiva rispetto a questo, lui non mi ha mai detto cosa voleva che io facessi dopo per tirare avanti con le nostre figlie. Abbiamo avuto otto mesi a disposizione ed è stato come se lui fosse uscito la mattina e non fosse mai tornato a casa. Tutto questo non riesco ad accettarlo.
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Re: Come ce la si fa senza?
Ogni volta che leggo le tue parole, Celeste, penso che con voi I medici abbiano fallito completamente e mi fa soffrire pensare a come ti sia sentita tu che lo vedevi peggiorare e sapevi ma dovevi stare zitta e fingere.celeste09 ha scritto: ↑mar 25 lug 2023, 17:02 Penso che avremmo potuto gestire tutto molto meglio e con più dignità se ci avessero messo davanti ad una diagnosi chiara per quanto terribile. E invece c'è stata una confusione totale per tutto il percorso. I sintomi di mio marito, il suo passare da un'emergenza all'altra non si riflettevano nel comportamento dei medici che abbiamo avuto attorno e questo ha esasperato ansia e agitazione. Avrei voluto che ci fosse stato un verdetto chiaro e che ci fossimo stati messi davanti insieme. So che mio marito non aveva un carattere reattivo, ma sarebbe stato liberatorio poter parlare concretamente con lui, finché stava ancora relativamente bene , di morte e di ciò che avremmo dovuto affrontare. A Pisa il chirurgo fermò l'intervento e mi confessò che non c'erano speranze. A mio marito non fu detto nulla. La curante creava fumo su fumo. A Prato cominciarono a creare spiragli di speranza, dicendo che la tac era sovrapponibile a quella di aprile e quindi pareva quasi che a Pisa l'avessero sparata grossa. In realtà l'oncologa sembrava recitasse una parte. Mio marito abboccava, come me, per disperazione e paura. Ci sono tante cose che avrei voluto fare diversamente e che gli avrei voluto dire. Mi hanno illusa che avrebbe potuto guarire e mi sono trasformata in un'infermiera rompiscatole per massimizzare ogni possibilità di ripresa. Avessimo saputo per certo che non c'era scampo non lo avrei fatto, gli avrei fatto mangiare quello che mi chiedeva, avrei potuto chiedergli cosa stesse provando dentro di sé. Invece stavo sempre attenta a tutto, sempre sul filo del rasoio.Sapevo che sarebbe morto perché mi rendevo perfettamente conto delle sue condizioni in costante peggioramento, ma non potevo esprimere nessun sentimento perché poi pensavo che forse poteva anche guarire e abbattendolo avrei bruciato ogni minima speranza.
Quando è morto avevo ancora dentro un' infinità di emozioni mai espresse, cose mai dette, domande per lui che mi ero tenuta per me. Non gli ho mai chiesto se aveva paura di morire, come si sentiva rispetto a questo, lui non mi ha mai detto cosa voleva che io facessi dopo per tirare avanti con le nostre figlie. Abbiamo avuto otto mesi a disposizione ed è stato come se lui fosse uscito la mattina e non fosse mai tornato a casa. Tutto questo non riesco ad accettarlo.
Anche il mio papà è morto per un tumore del pancreas qualche mese fa,ma (al di là del fatto che aveva 73 anni) ringrazio il cielo per tutti i medici competenti che ha trovato lungo il tragitto e perché pur arrivando allo stesso esito ha comunque goduto di una buona saluta fino a poco prima del decesso (banalmente non è mai stato ricoverato).
Leggo le tue parole e mi chiedo dove abbia tu trovato la forza per venirne fuori.
"Me l'hai insegnato tu
Che la felicità non è una colpa
E che puoi tornare a ridere ancora
Ancora una volta"
Brunori Sas
Che la felicità non è una colpa
E che puoi tornare a ridere ancora
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Re: Come ce la si fa senza?
Cara Celeste,quanto ti capisco. L'esperienza che hai vissuto si avvicina alla mia,ma nel mio caso è stato mio papà a lasciarmi,dopo anni di malattia,a 67 anni. Ma la differenza è una,tu hai i medici poco chiari,a cui poter "dare la colpa". Tu hai fatto tutto il possibile per la condizione di confusione e di dubbi in cui ti trovavi,in cui vi trovavate. Io ho un senso di colpa che non riesco a togliermi dal cuore,di dosso. Non ho mai accettato davvero la sua malattia,volevo vederlo forte a tutti i costi,mi attaccavo a ogni suo miglioramento,per dirmi: vedi che è tutto passato? Vedi che si sta risolvendo??"
Non avevo il coraggio di leggere le sue tac,volevo che lui mi filtrasse il contenuto. Non avevo il coraggio di sedermi accanto a lui in quelle maledette stanzette dei medici. Gli sono stata sempre vicino, perché lo amavo alla follia,ma nell'unico modulo,codardo,che facesse stare a galla anche me. Se solo avessi avuto il coraggio di chiedere,di capire,di sapere davvero,avrei fatto altre cose. Non l'avrei mai lasciato solo, nemmeno per pochi minuti. Non se lui avrebbe voluto,forse no,ma tornassi indietro cambierei tutto.
Perdonami lo sfogo
Ti abbraccio forte.
Non avevo il coraggio di leggere le sue tac,volevo che lui mi filtrasse il contenuto. Non avevo il coraggio di sedermi accanto a lui in quelle maledette stanzette dei medici. Gli sono stata sempre vicino, perché lo amavo alla follia,ma nell'unico modulo,codardo,che facesse stare a galla anche me. Se solo avessi avuto il coraggio di chiedere,di capire,di sapere davvero,avrei fatto altre cose. Non l'avrei mai lasciato solo, nemmeno per pochi minuti. Non se lui avrebbe voluto,forse no,ma tornassi indietro cambierei tutto.
Perdonami lo sfogo
Ti abbraccio forte.
Re: Come ce la si fa senza?
Soleluna88 anch'io ho provato il solito senso di colpa. Anch'io non avevo il coraggio di sapere e di chiedere, proprio per questo, forse egoisticamente, avrei voluto che un dottore ci avesse messo al corrente entrambi. Anch'io come te avrei voluto che mio marito non andasse protetto, ma fosse lui a proteggere me. Penso che sia in parte per questo che avrei voluto così tanto che ci fosse stata chiarezza. Poi so che lui non avrebbe potuto proteggermi perché più ci penso più capisco che lui aveva già compreso tutto ma non era in grado di accettare e di fare convivere la sua malattia con la quotidianità della vita familiare. Aveva subito un cambiamento veramente repentino, si era ritirato in sé stesso mostrandosi cupo, incattivito e distante. Penso che lo facesse istintivamente per difesa. Ci ho messo tantissimo per arrivarci, ma mi sono resa conto che anch'io da quando lui è morto ho reagito nel solito modo. Mi sono molto ritirata in me per non ricevere impulsi dolorosi. Sono diventata asociale e distante. Immagino cosa abbia passato lui sapendo di andare verso il nulla, di non rivedere più noi e tutto ciò che amava. Rimane il fatto che i medici avrebbero dovuto gestire la situazione con maggiore serietà e competenza perché mio marito aveva diritto ad essere accompagnato in modo corretto per tutto il suo percorso. Io purtroppo non ho ricevuto aiuto da nessuno. Anzi, mi sono pure sentita giudicata dalla sua famiglia. Vuoi sapere quando ho visto mio cognato con la moglie e le figlie in casa mia? Qualche giorno dopo che mio marito era morto. Mia suocera stessa veniva in casi di peggioramenti improvvisi e soprattutto nelle ultime settimane, per stare con lui quando io ero a lavoro. Ma poi ogni emergenza è toccata a me e alle bambine. E ancora alla fine la curante, direttamente interrogata da mio marito, ha avuto la vigliaccheria di assicurarlo che non stava per morire, per non parlare dell'oncologia che lo ha fatto andare mezzo morto a fare una seduta di chemio. Questo certamente ha ritardato e ostacolato ogni tentativo di elaborazione e ha amplificato il senso di disorientamento che provavamo. A volte penso alle mie bambine e a come è stato trattato il loro papà, a come sia stato tanto sfortunato e mi scoppia la testa. Per questo sono accanita sostenitrice del dire la verità in modo chiaro al malato e prima di tutto a lui sulle reali condizioni,per quanto disperate.
Re: Come ce la si fa senza?
Celeste, se a tuo marito fosse stata spiattellata la verità povero lui. Tu parli dal tuo punto di vista di familiare coinvolto e legittimamente arrabbiato con la sorte, ma non eri tu la malata e scusa se te lo dico, si vede. Chissà la sua disperazione e il suo terrore, anche se non lo diceva apertamente.
Comprendilo e non avercela coi medici, anzi ringraziali, perché a volte trovi di quelli che dicono tutto e subito e il malato si deprime a tal punto che comincia a morire molto prima...
Comprendilo e non avercela coi medici, anzi ringraziali, perché a volte trovi di quelli che dicono tutto e subito e il malato si deprime a tal punto che comincia a morire molto prima...
(Cit.) Lei ti sente ed è sempre al tuo fianco, oltre ad essere nel tuo cuore
Re: Come ce la si fa senza?
Soleluna88
aggiungo che sentirsi in colpa per non aver saputo tirare fuori il coraggio "da leone" in un momento in cui il mondo ti crolla addosso non è giusto. Non si può essere assolutamente preparati per affrontare una simile situazione. Il cancro non è una malattia cronica degenerativa che ti concede il tempo per abituarti. Il cancro, per lo meno quello al pancreas, che ti porta via in pochi mesi, ti piomba addosso e di devasta la vita. Si ha tempo solo per la disperazione. È una malattia terribile con la quale non esistono compromessi. Quel che conta è che sei sempre stata vicina a tuo padre. Penso che anche mio marito si sia sentito molto in colpa e che si sia completamente distaccato da noi per smettere di provare sentimenti violenti e atroci. Ciò che avrei voluto fare per lui sarebbe stato consolarlo se mai avesse deciso di confessare tutto quello che provava, ma all'esterno lui era blindato. Non ho potuto più comunicare come facevo da 25 anni e questo mi ha distrutto. Si che soffriva come un cane e si che ha sofferto da solo. Penso che non se lo.meritava e questo mi genera tanta rabbia.
aggiungo che sentirsi in colpa per non aver saputo tirare fuori il coraggio "da leone" in un momento in cui il mondo ti crolla addosso non è giusto. Non si può essere assolutamente preparati per affrontare una simile situazione. Il cancro non è una malattia cronica degenerativa che ti concede il tempo per abituarti. Il cancro, per lo meno quello al pancreas, che ti porta via in pochi mesi, ti piomba addosso e di devasta la vita. Si ha tempo solo per la disperazione. È una malattia terribile con la quale non esistono compromessi. Quel che conta è che sei sempre stata vicina a tuo padre. Penso che anche mio marito si sia sentito molto in colpa e che si sia completamente distaccato da noi per smettere di provare sentimenti violenti e atroci. Ciò che avrei voluto fare per lui sarebbe stato consolarlo se mai avesse deciso di confessare tutto quello che provava, ma all'esterno lui era blindato. Non ho potuto più comunicare come facevo da 25 anni e questo mi ha distrutto. Si che soffriva come un cane e si che ha sofferto da solo. Penso che non se lo.meritava e questo mi genera tanta rabbia.
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