l'aspetto psicologico del malato e dei famigliari
Inviato: lun 21 mar 2016, 10:06
Da quando mio marito si è ammalato nel 2013 di tumore al polmone per poi morire 10 mesi fa ho potuto constatare direttamente di quanta solitudine e abbandono subisce sia il malato che i famigliari da parte delle strutture sanitarie. Sicuramente la medicina ha fatto molti passi avanti ma l'aspetto psicologico ed emotivo è praticamente inesistente per i medici. Anzi oggi alcuni di loro, con la scusa del diritto di informazione al paziente, non si creano alcun problema di riferire direttamente la scadenza della vita a volte in modo anche duro. Allucinante! Per fortuna a noi questo non è capitato, i medici
hanno sempre cercato di dare una speranza a mio marito, fino all'ultimo e di questo li ringrazio. A me invece non è stato risparmiato nulla. Non ho mai ricevuto il minimo sostegno psicologico per aiutare mio marito e me stessa. Io cercavo di non piangere mai con lui fino all'ultimo non ho mai pianto, gli dicevo che avremmo risolto, che sarebbe andata meglio, ma a volte mi distaccavo da lui, come per cercare di sopravvivere, altrimenti credo che sarei impazzita. Penso che bisognerebbe lavorare molto su questo cercare di capire il pensiero del malato, cercare di dare forza di non fare sentire così soli. Negli ospedali oltre alla chemioterapia dovrebbero da subito fornire un sostegno fatto bene. Quando un malato terminale muore tu che sei accanto non sai cosa pensa, non ti dice più nulla, chissà la paura che avrà e tu sei lì e non puoi fare nulla. Io oggi soffro molto per me e per i miei figli ma ancora di più per mio marito perché non ho mai saputo cosa pensasse in quei terribili momenti, spero solo che grazie alla morfina non abbia sofferto troppo. Io ora sarei anche disposta a fare dei corsi di psicologia per aiutare coloro che hanno bisogno di una parola di conforto ma che io sappia gli psicologi di queste associazioni non sono così efficaci. Io, presa dalla disperazione mi sono recata presso uno di questi centri ma è stato veramente deludente. Mi sembrava di parlare con un muro, io dovevo parlare, raccontare la mia disperazione e la psicoterapeuta non diceva assolutamente nulla! e così per parecchie sedute. Ad un certo punto mi sono arrabbiata e le ho detto che non sentivo alcun giovamento perché due parole me le doveva pur dire e ho mollato. E' vero che la forza dobbiamo trovarla dentro di noi ma è inutile rivolgersi agli psicologi se loro per primi non sanno come aiutare. Il famigliare ha bisogno di poche parole ma efficaci, di regole di comportamento, di modi per sopravvivere e per dare sostegno alla persona malata e al resto della famiglia, non può essere solo monologo. Grazie dell'ascolto
solotu
hanno sempre cercato di dare una speranza a mio marito, fino all'ultimo e di questo li ringrazio. A me invece non è stato risparmiato nulla. Non ho mai ricevuto il minimo sostegno psicologico per aiutare mio marito e me stessa. Io cercavo di non piangere mai con lui fino all'ultimo non ho mai pianto, gli dicevo che avremmo risolto, che sarebbe andata meglio, ma a volte mi distaccavo da lui, come per cercare di sopravvivere, altrimenti credo che sarei impazzita. Penso che bisognerebbe lavorare molto su questo cercare di capire il pensiero del malato, cercare di dare forza di non fare sentire così soli. Negli ospedali oltre alla chemioterapia dovrebbero da subito fornire un sostegno fatto bene. Quando un malato terminale muore tu che sei accanto non sai cosa pensa, non ti dice più nulla, chissà la paura che avrà e tu sei lì e non puoi fare nulla. Io oggi soffro molto per me e per i miei figli ma ancora di più per mio marito perché non ho mai saputo cosa pensasse in quei terribili momenti, spero solo che grazie alla morfina non abbia sofferto troppo. Io ora sarei anche disposta a fare dei corsi di psicologia per aiutare coloro che hanno bisogno di una parola di conforto ma che io sappia gli psicologi di queste associazioni non sono così efficaci. Io, presa dalla disperazione mi sono recata presso uno di questi centri ma è stato veramente deludente. Mi sembrava di parlare con un muro, io dovevo parlare, raccontare la mia disperazione e la psicoterapeuta non diceva assolutamente nulla! e così per parecchie sedute. Ad un certo punto mi sono arrabbiata e le ho detto che non sentivo alcun giovamento perché due parole me le doveva pur dire e ho mollato. E' vero che la forza dobbiamo trovarla dentro di noi ma è inutile rivolgersi agli psicologi se loro per primi non sanno come aiutare. Il famigliare ha bisogno di poche parole ma efficaci, di regole di comportamento, di modi per sopravvivere e per dare sostegno alla persona malata e al resto della famiglia, non può essere solo monologo. Grazie dell'ascolto
solotu