Polidoro ha scritto: ↑ven 3 mar 2023, 19:48
Ciao a tutti. Non sono del tutto d'accordo.
E' importante per il malato oncologico non sentire troppa "speranza" intorno a se da parte dei familiari, specialmente quando gli/le e' chiaro di avere una malattia incurabile. Una frase come "faremo il tutto per tutto, perche' dobbiamo vincere questa battaglia" procura tanto dolore. Molti malati vivono un profondo senso di colpa per la sofferenza che causano ai familiari (leggevo ieri il post di una mamma...). Un genitore non vuole vedere un figlio affranto dal dolore. Per quanto difficile (che fatica!), e' importante far sentire al malato che non coltiviamo speranze (nel senso di guarigione o recupero della salute) quando speranze non ce ne sono, che accettiamo il fatto che la sua vita possa volgere al termine, e che la parte più importante di noi siamo noi. E' quello che vorreste pensassero i vostri genitori, coniugi o figli se foste voi i malati. Spesso il malato non affronta l'argomento morte, ma mi sembra ovvio che vorrebbe sentirsi rassicurato che siamo pronti ad accettare la fine e che staremo bene dopo.
In secondo luogo, ma questo e' un argomento più complesso, secondo me bisogna sapersi fermare a un certo punto. Quando? E' una questione personale. Non e' facile evitare di esercitare una pressione emotiva sul medico che lo spinga a tentare linee di terapia di improbabile efficacia (che personalmente non farebbe) e magari pure dannose in un paziente già compromesso. La soggettività la si evince alla luce dei pareri contrastanti di medici diversi. Sono scelte molto, troppo difficili e non giudico nessuno (e non mi riferisco ai vostri casi personali, LaMarinin e Calabria812).
Soli spunti di riflessione, soprattutto il primo... Ciao.
Ciao Polidoro,
sposo il tuo pensiero, mi sento pero' in dovere di precisare due cose:
1. la speranza per un malato metastatico che non sia anche pazzo, è la speranza di riuscire a convivere il piu' a lungo possibile con la "bestiaccia" in modo dignitoso,
2. quando mi permetto di dire di fare "pressing" sui medici lo dico perche' a volte i medici, essendo esseri umani, ignorano soluzioni addossando al cancro problemi che invece possono essere di altra natura o che comunque possono essere gestiti sollevando il malato da sofferenze importanti...io purtroppo vivo in Calabria, dove la sanità oltre ad essere commissariata, è fatiscente...il nostri medici a fronte della resistenza alla terapia palliativa ci hanno parlato di scenari "apocalittivi", dopo aver interpellato invece uno specialista di una famosa struttura lombarda, invece, abbiamo saputo che fra il momento attuale e l'apocalisse (che tutti sappiamo che arrivera', mio padre per primo) anche c'è nel mezzo la possibilità di tentare qualche altro palliativo, cio' nn ci illude ma ci aiuta a vivere la situazione, almeno a me, in modo piu' "lucido".
Ti ringrazio per le tue osservazioni, che dette qui, sono uno spunto di riflessione prezioso...
A presto!