10 LUGLIO 2013/10 LUGLIO 2014
Inviato: lun 14 lug 2014, 15:58
Questa volta mi sono smentita. Ho scritto con un ritardo di 4 giorni, ma non è stato un caso.
Ho vissuto quest'anno e in particolare questi ultimi mesi nell'attesa del 10 luglio. Cosa sarebbe accaduto quel giorno? Me lo sono chiesta decine di volte. L'intenzione era quella di vivere questa ricorrenza con serenità, di onorare la memoria di Dani con un sorriso. Ma tutto remava contro. Da più parti mi si ricordava questa data, come se il mio voler andare avanti e oltre le date coincidesse con la superficialità, con il disonore di chi non ricorda.
Ho creduto addirittura di essere in errore. Mi sono chiesta se non fosse più "corretto" passare quella sera sola, sola con il mio dolore, rinnovandolo ancora una volta.
Così, ho trascorso la notte del 9 luglio avvolta nei sensi di colpa, completamente schiava del pianto e dell'impossibilità di reagire a quella data che stava arrivando, come se Dani dovesse morire di nuovo. Una notte lunghissima, durante alla quale, insieme alle mie certezze, ho rischiato di perdere l'uomo che oggi è al mio fianco e non mi vergogno a dirlo, con il quale progettavo la mia serenità. Voi lo sapete, io qui mi sono sempre esposta, non per un mero esibizionismo, ma per essere prova tangibile che vivere si può, dopo il cancro e con quello che ti lascia.
Così il 10 luglio mi sono svegliata, dopo aver pianto e fatto piangere. Sono andata al lavoro, ma quel sogno, quello in cui Dani strappava le dediche e mi diceva "Tu sai da quando è cambiato tutto vero? Da quando hai conosciuto lui. Lasciami andare, lasciami vivere", continuava a girare tra i miei pensieri. Lo avevo sognato proprio quella notte, quella notte disperata in cui gli avevo chiesto aiuto, consiglio.
Allora la sera sono tornata a casa. Lollo era da mia mamma, perché non sapevo come sarei stata e non volevo che assistesse a nulla che avrebbe potuto farlo soffrire. Non sapevo se lui sarebbe tornato da me quella sera dopo tutte quelle lacrime e la sua disperazione nel non sapermi aiutare. Invece lui è tornato e mi ha detto semplicemente: "ti va di uscire?". E mi andava. Così sono uscita e ho superato il 10 scherzando con lui che al ristorante Giapponese voleva a tutti i costi del pane e cercava di spiegarlo ai poveri giapponesi che lo guardavano allibiti. Ho passato una sera e una notte serena. Lui era più sconvolto di me di quella serenità. Da dove veniva? La sera prima sembrava si fosse scatenato l'inferno e la sera dopo io ero lì con lui a parlare di qualsiasi cosa che non fosse il 10 luglio. E ieri la messa commemorativa così tanto desiderata dal fratello e dai genitori di Dani. Un nome, Daniele, menzionato quasi distrattamente un paio di volte. Una farsa all'italiana. Ma gli odori, il ricordo de funerale, le persone presenti, tutto rimandava a un anno prima quando in mezzo alla chiesa c'era quella bara avvolta dai fiori. Ho pianto sì, ma non per la messa di ieri nella quale mi sentivo fuori posto, ma per quella di un anno prima e mi sono arrabbiata con me stessa per aver accettato di essere lì, per aver accettato di nuovo di rinnovare un dolore che non chiede di essere svegliato, tanto lo fa da solo e quando meno me lo aspetto. Così sono rimasta lì, una mano stretta in quella di mia sorella e l'altra in quella di mia madre. Loro ci sono sempre state. Gli altri, quelli che non c'erano mai e continuano a non esserci, nel banco dietro di me. Non li ho guardati. Sono uscita. Li ho salutati dicendo che Lollo era a casa con Massi (si chiama Massimo) e che non ne sapeva nulla di oggi, quindi niente visite, Lollo era felice e nessuno doveva turbarlo. Poi loro sono andati di corsa al cimitero. Li ho osservati entrare chiedendomi che razza di persone fossero e ho preso una strada diversa, quella di casa mia, dove Lollo e Massi mi aspettavano con un sorriso e quando sono entrata Massi mi ha detto: "Dato che sei già vestita e sei anche molto carina, che ne dici di andare a mangiare dai miei?". Bravo... non mi ha dato il tempo di piangere, incattivirmi, e ho risposto: "Sì dai, andiamo" ed è stata una domenica serena, dolce e tranquilla.
Questo è l'anniversario della morte di Dani, credo un po' come l'avrebbe voluto lui, che per chiarirlo è perfino tornato nei miei sogni, ma arrabbiato perché mi conosce e sa come sono e cosa provo. Il dolore non è un qualcosa da mostrare a comando. Il dolore è intimo, a tratti dolce quando ti avvolge nella malinconia dei ricordi, a tratti duro quanto arriva a far male, ma è mio e solo mio.
Dani, grazie. Come sempre ci metti lo zampino.
Per sempre sarai...
Abbi cura di splendere
Errie
Ho vissuto quest'anno e in particolare questi ultimi mesi nell'attesa del 10 luglio. Cosa sarebbe accaduto quel giorno? Me lo sono chiesta decine di volte. L'intenzione era quella di vivere questa ricorrenza con serenità, di onorare la memoria di Dani con un sorriso. Ma tutto remava contro. Da più parti mi si ricordava questa data, come se il mio voler andare avanti e oltre le date coincidesse con la superficialità, con il disonore di chi non ricorda.
Ho creduto addirittura di essere in errore. Mi sono chiesta se non fosse più "corretto" passare quella sera sola, sola con il mio dolore, rinnovandolo ancora una volta.
Così, ho trascorso la notte del 9 luglio avvolta nei sensi di colpa, completamente schiava del pianto e dell'impossibilità di reagire a quella data che stava arrivando, come se Dani dovesse morire di nuovo. Una notte lunghissima, durante alla quale, insieme alle mie certezze, ho rischiato di perdere l'uomo che oggi è al mio fianco e non mi vergogno a dirlo, con il quale progettavo la mia serenità. Voi lo sapete, io qui mi sono sempre esposta, non per un mero esibizionismo, ma per essere prova tangibile che vivere si può, dopo il cancro e con quello che ti lascia.
Così il 10 luglio mi sono svegliata, dopo aver pianto e fatto piangere. Sono andata al lavoro, ma quel sogno, quello in cui Dani strappava le dediche e mi diceva "Tu sai da quando è cambiato tutto vero? Da quando hai conosciuto lui. Lasciami andare, lasciami vivere", continuava a girare tra i miei pensieri. Lo avevo sognato proprio quella notte, quella notte disperata in cui gli avevo chiesto aiuto, consiglio.
Allora la sera sono tornata a casa. Lollo era da mia mamma, perché non sapevo come sarei stata e non volevo che assistesse a nulla che avrebbe potuto farlo soffrire. Non sapevo se lui sarebbe tornato da me quella sera dopo tutte quelle lacrime e la sua disperazione nel non sapermi aiutare. Invece lui è tornato e mi ha detto semplicemente: "ti va di uscire?". E mi andava. Così sono uscita e ho superato il 10 scherzando con lui che al ristorante Giapponese voleva a tutti i costi del pane e cercava di spiegarlo ai poveri giapponesi che lo guardavano allibiti. Ho passato una sera e una notte serena. Lui era più sconvolto di me di quella serenità. Da dove veniva? La sera prima sembrava si fosse scatenato l'inferno e la sera dopo io ero lì con lui a parlare di qualsiasi cosa che non fosse il 10 luglio. E ieri la messa commemorativa così tanto desiderata dal fratello e dai genitori di Dani. Un nome, Daniele, menzionato quasi distrattamente un paio di volte. Una farsa all'italiana. Ma gli odori, il ricordo de funerale, le persone presenti, tutto rimandava a un anno prima quando in mezzo alla chiesa c'era quella bara avvolta dai fiori. Ho pianto sì, ma non per la messa di ieri nella quale mi sentivo fuori posto, ma per quella di un anno prima e mi sono arrabbiata con me stessa per aver accettato di essere lì, per aver accettato di nuovo di rinnovare un dolore che non chiede di essere svegliato, tanto lo fa da solo e quando meno me lo aspetto. Così sono rimasta lì, una mano stretta in quella di mia sorella e l'altra in quella di mia madre. Loro ci sono sempre state. Gli altri, quelli che non c'erano mai e continuano a non esserci, nel banco dietro di me. Non li ho guardati. Sono uscita. Li ho salutati dicendo che Lollo era a casa con Massi (si chiama Massimo) e che non ne sapeva nulla di oggi, quindi niente visite, Lollo era felice e nessuno doveva turbarlo. Poi loro sono andati di corsa al cimitero. Li ho osservati entrare chiedendomi che razza di persone fossero e ho preso una strada diversa, quella di casa mia, dove Lollo e Massi mi aspettavano con un sorriso e quando sono entrata Massi mi ha detto: "Dato che sei già vestita e sei anche molto carina, che ne dici di andare a mangiare dai miei?". Bravo... non mi ha dato il tempo di piangere, incattivirmi, e ho risposto: "Sì dai, andiamo" ed è stata una domenica serena, dolce e tranquilla.
Questo è l'anniversario della morte di Dani, credo un po' come l'avrebbe voluto lui, che per chiarirlo è perfino tornato nei miei sogni, ma arrabbiato perché mi conosce e sa come sono e cosa provo. Il dolore non è un qualcosa da mostrare a comando. Il dolore è intimo, a tratti dolce quando ti avvolge nella malinconia dei ricordi, a tratti duro quanto arriva a far male, ma è mio e solo mio.
Dani, grazie. Come sempre ci metti lo zampino.
Per sempre sarai...
Abbi cura di splendere
Errie