il mio enorme dolore
Inviato: dom 19 apr 2015, 18:26
Salve a tutti. Ho trovato questo forum e capito che può essere il luogo virtuale che potrà accogliere la mia disperazione perchè, purtroppo, siamo tutti nella stessa barca.
Mi chiamo Manuela, sono un'insegnante ed ho 41 anni. Esattamente il 7 marzo il mio adorato papà, la persona più importante della mia vita, un uomo colto, sensibile, intelligente, allegro, riservato, colui che mi è stato al fianco sin dal primo giorno della mia esistenza con il suo amore, la sua forza, i suoi consigli ebbene, proprio lui, è andato via. Non dico "volato in cielo" perchè per me, assolutamente atea, la vita termina con l'ultimo respiro ...
La sua storia con questa malattia che definire bastarda è nulla inizia a maggio 2011 quando lui che non aveva mai avuto neanche un raffreddore (non per modo di dire, proprio così) inizia con una strana febbricola, con delle irregolarità intestinali etc. Si "pede" un po' di tempo sbagliando a valutare i sintomi, somministrandogli prima tachipirina e poi antibiotici per la febbre e prescrivendogli blandi lassativi. La situazione migliore tanto da far dedurre al medico di base " se comunque i lassativi fanno effetto significa che non ci dobbiamo preoccupare, che la via è libera". E così arrivano l'estate e le vacanze che lui, amante della vita, pensa sia una delle tante belle stagioni che ha già vissuto. Ma i sintomi ricominciano: mancanza di appetito, irregolarità intestinali, stanchezza, dimagrimento. il medico continua, imperterrito "fa molto caldo, chi non è stanco? Certo, l'appetito si sa in estate scema " etc. Noi, che non siamo nè idioti, men che meno degli ignoranti, ci sentivamo rassicurati da queste parole perchè , tutto sommato, erano quelle che volevamo sentire, ma purtroppo ad un certo punto devi guardare in faccia la realtà e decidiamo di fare dei controlli.
Il 12 settembre 2011 la scoperta di tre metastasi epatiche, un paio di giorni dopo la colonscopia e la nostra sentenza: cancro al colon con metastasi sincrone. L'ospedale dove aveva eseguito la colonscopia vuole operarlo e rimuovere il tumore in quanto mio padre era a rischio di blocco intestinale, noi, sapendo che rimuovere il tumore non è lì'unico modo per scongiurare il blocco intestinale, optiamo per un secondo parere e ci rechiamo un una struttura specializzata dove, fortunatamente, incontriamo un chirurgo competente il quale, come noi speravamo, decide di non intervenire immediatamente, di posizionargli uno stent endoscopico per creare lo spazio necessario al transito intestinale ed iniziare una chemioterapia con avastin. Mio padre si sottopone a tutto, mia madre ed io lottiamo al suo fianco sebbene io, che mi sono sempre sentita "figlia" non riesca sempre a fingere la convinzione che ce l'avrebbe fatta anche perchè, nel frattempo, inizio a documentarmi.
La chamioterapia, tra effetti collaterali comunque ben tollerati e momenti di inevitabile sconforto, dà ottimi effetti (o almeno è quello che crediamo): dopo 8 cicli, c'è una riduzione considerevole della massa tumorale al colon nonchè una riduzione sensibile delle tre metastasi epatiche che appaino ridimensionate ed in necrosi.
Felicissimi e soddisfatti iniziamo tutti gli esami preoperatori: analisi del sangue, colonscopia, tac, pet, risonanza, ecografia. Il 20 luglio mio padre è operato. Un intervento molto più lungo e difficile del previsto: lo stent si era rotto (quando, come, perchè, visto che sino a due giorni prima risultava "in sedie, pervio e funzionante"?) perforando l'ansa intestinale ed andando vicino al danneggiamento del rene tanto da far temere al chirurgo di doverglielo asportare. Come se non bastasse, l'ecopgrafia intraepatica "scova" una quarta metastasi epatica non visibile agli esami preoperatori. Si riesce a resecare tutte le metastasi , nonostante la sorpresa, e per salvargli il rene è necessario posizionare uno stent all'uretere.
Non mi voglio dilungare, ma dopo 9 ore di anestesia, mio padre viene portato in terapia intensiva e neanche 12 ore dopo è in reparto.
Nessun dolore postoperatorio grazie al posizionamento di una infusione a lento rilascio di antidolorifico locale. Piano piano si riprende anche se gli episodi sgradevoli non mancano: anemia e necessaria trasfusione, edemi quindi albumina e lasix, nonchè una crisi ipoglicemica provocata dall'incuria ddel personale infermieristico nel regolare la velocità della sacca nutrizionale. Non ho denunciato per rispetto del chirurgo che ci ha fraternamente seguiti.
Dopo 12 giorni papà è a casa. Prima di ferragosto si sente talmente bene da voler trascorrere qualche giorno nella casa al mare.
Al rientro inizia i controlli , tutto bene e l'oncologo valuta se riprendere o meno la chemio. Opta per il si e ricomincia la nota giostra , ma noi siamo comuinque felici e ci sentiamo vincenti. Il 14 febbraio 2013 la doccia fredda: il tumore non si è fermato, si sono riformate delle metastasi epatiche e ci son delle micronodularità sospette ai polmoni. Il K-ras è mutato : si deve immediatamente cambiare chemio. Nel frattempo viene ricoverato per il posizionamento del Groshong, un accesso venoso che gli eviterà le punture visto che le vene si sono indurite notevolmente ed in considerazione che dopo la chemio dovrà avere per 46 ore una specie di sacchettino a rilascio lento.
Antiamo avanti, lui non si abbatte, ma non è facile. Si continua con il sorriso e la sua vita è, tutto sommato normale nonostante sappia di dover tornare in sala operatoria per la rimozione di un'ernia formatasi dopo l'intervento e per la rimozione dello stent all'uretere.
A pasqua 2014 ha un calo di pressione, l'oncologo minimizza. Nel corso dell'estate accusa enorme stanchezza e l'oncologo continua a minimizzare e si va avanti con la chemio fino a novembre quando l'anemia è tale da rendere impossibile la terapia.
Si inizia con le trasfusioni, ma la situazione non migliora. Lui è sempre più stanco, ma non rinuncia alle attività quotidiane, Inizia a perdere peso, a non voler mangiare se non cose liquide o comuque frullate. A Capodanno una ripresa sorprendente: mangia, sis ente bene, addiruttura mi accompagna a fare la spesa per il cenone .
Fortuntamente non ha dolori, ma deglie edemi declivi non gli danno tregua ed è "perseguitato" da un'astenia senza via d'uscita. Inizia mesi di albumina e lasix, ma intanto è presente anche ascite.
Lo vediamo spegnersi, una notte cade nel salotto, inizia ad affannare. Capiramo che è la fine, ma nessun medico ci dice che è grave. Questo non lo perdono ai dottori. Non perchè non accetti che mio padre non ci sia più, ma perchè avevamo il diritto di saperlo da loro e non di immaginarcelo da soli.
Purtroppo il 7 marzo, che per me è sempre stata una bella data in quanto anniversario della mia laurea,mio padre se n'è andato.
Sono disperata, non trovo la forza ed ho tanta, tantissima rabbia.
E' un dolore talmente forte che, paradossalmente, spesso mi sento antestetizzata.
Non trovo conforto in nulla e nessuno, è come se con lui se ne fosse andata una parte di me: la più bella e preziosa.
VI chiedo scusa per lo sfogo, ma avevo bisogno di scrivere questo post...
Mi chiamo Manuela, sono un'insegnante ed ho 41 anni. Esattamente il 7 marzo il mio adorato papà, la persona più importante della mia vita, un uomo colto, sensibile, intelligente, allegro, riservato, colui che mi è stato al fianco sin dal primo giorno della mia esistenza con il suo amore, la sua forza, i suoi consigli ebbene, proprio lui, è andato via. Non dico "volato in cielo" perchè per me, assolutamente atea, la vita termina con l'ultimo respiro ...
La sua storia con questa malattia che definire bastarda è nulla inizia a maggio 2011 quando lui che non aveva mai avuto neanche un raffreddore (non per modo di dire, proprio così) inizia con una strana febbricola, con delle irregolarità intestinali etc. Si "pede" un po' di tempo sbagliando a valutare i sintomi, somministrandogli prima tachipirina e poi antibiotici per la febbre e prescrivendogli blandi lassativi. La situazione migliore tanto da far dedurre al medico di base " se comunque i lassativi fanno effetto significa che non ci dobbiamo preoccupare, che la via è libera". E così arrivano l'estate e le vacanze che lui, amante della vita, pensa sia una delle tante belle stagioni che ha già vissuto. Ma i sintomi ricominciano: mancanza di appetito, irregolarità intestinali, stanchezza, dimagrimento. il medico continua, imperterrito "fa molto caldo, chi non è stanco? Certo, l'appetito si sa in estate scema " etc. Noi, che non siamo nè idioti, men che meno degli ignoranti, ci sentivamo rassicurati da queste parole perchè , tutto sommato, erano quelle che volevamo sentire, ma purtroppo ad un certo punto devi guardare in faccia la realtà e decidiamo di fare dei controlli.
Il 12 settembre 2011 la scoperta di tre metastasi epatiche, un paio di giorni dopo la colonscopia e la nostra sentenza: cancro al colon con metastasi sincrone. L'ospedale dove aveva eseguito la colonscopia vuole operarlo e rimuovere il tumore in quanto mio padre era a rischio di blocco intestinale, noi, sapendo che rimuovere il tumore non è lì'unico modo per scongiurare il blocco intestinale, optiamo per un secondo parere e ci rechiamo un una struttura specializzata dove, fortunatamente, incontriamo un chirurgo competente il quale, come noi speravamo, decide di non intervenire immediatamente, di posizionargli uno stent endoscopico per creare lo spazio necessario al transito intestinale ed iniziare una chemioterapia con avastin. Mio padre si sottopone a tutto, mia madre ed io lottiamo al suo fianco sebbene io, che mi sono sempre sentita "figlia" non riesca sempre a fingere la convinzione che ce l'avrebbe fatta anche perchè, nel frattempo, inizio a documentarmi.
La chamioterapia, tra effetti collaterali comunque ben tollerati e momenti di inevitabile sconforto, dà ottimi effetti (o almeno è quello che crediamo): dopo 8 cicli, c'è una riduzione considerevole della massa tumorale al colon nonchè una riduzione sensibile delle tre metastasi epatiche che appaino ridimensionate ed in necrosi.
Felicissimi e soddisfatti iniziamo tutti gli esami preoperatori: analisi del sangue, colonscopia, tac, pet, risonanza, ecografia. Il 20 luglio mio padre è operato. Un intervento molto più lungo e difficile del previsto: lo stent si era rotto (quando, come, perchè, visto che sino a due giorni prima risultava "in sedie, pervio e funzionante"?) perforando l'ansa intestinale ed andando vicino al danneggiamento del rene tanto da far temere al chirurgo di doverglielo asportare. Come se non bastasse, l'ecopgrafia intraepatica "scova" una quarta metastasi epatica non visibile agli esami preoperatori. Si riesce a resecare tutte le metastasi , nonostante la sorpresa, e per salvargli il rene è necessario posizionare uno stent all'uretere.
Non mi voglio dilungare, ma dopo 9 ore di anestesia, mio padre viene portato in terapia intensiva e neanche 12 ore dopo è in reparto.
Nessun dolore postoperatorio grazie al posizionamento di una infusione a lento rilascio di antidolorifico locale. Piano piano si riprende anche se gli episodi sgradevoli non mancano: anemia e necessaria trasfusione, edemi quindi albumina e lasix, nonchè una crisi ipoglicemica provocata dall'incuria ddel personale infermieristico nel regolare la velocità della sacca nutrizionale. Non ho denunciato per rispetto del chirurgo che ci ha fraternamente seguiti.
Dopo 12 giorni papà è a casa. Prima di ferragosto si sente talmente bene da voler trascorrere qualche giorno nella casa al mare.
Al rientro inizia i controlli , tutto bene e l'oncologo valuta se riprendere o meno la chemio. Opta per il si e ricomincia la nota giostra , ma noi siamo comuinque felici e ci sentiamo vincenti. Il 14 febbraio 2013 la doccia fredda: il tumore non si è fermato, si sono riformate delle metastasi epatiche e ci son delle micronodularità sospette ai polmoni. Il K-ras è mutato : si deve immediatamente cambiare chemio. Nel frattempo viene ricoverato per il posizionamento del Groshong, un accesso venoso che gli eviterà le punture visto che le vene si sono indurite notevolmente ed in considerazione che dopo la chemio dovrà avere per 46 ore una specie di sacchettino a rilascio lento.
Antiamo avanti, lui non si abbatte, ma non è facile. Si continua con il sorriso e la sua vita è, tutto sommato normale nonostante sappia di dover tornare in sala operatoria per la rimozione di un'ernia formatasi dopo l'intervento e per la rimozione dello stent all'uretere.
A pasqua 2014 ha un calo di pressione, l'oncologo minimizza. Nel corso dell'estate accusa enorme stanchezza e l'oncologo continua a minimizzare e si va avanti con la chemio fino a novembre quando l'anemia è tale da rendere impossibile la terapia.
Si inizia con le trasfusioni, ma la situazione non migliora. Lui è sempre più stanco, ma non rinuncia alle attività quotidiane, Inizia a perdere peso, a non voler mangiare se non cose liquide o comuque frullate. A Capodanno una ripresa sorprendente: mangia, sis ente bene, addiruttura mi accompagna a fare la spesa per il cenone .
Fortuntamente non ha dolori, ma deglie edemi declivi non gli danno tregua ed è "perseguitato" da un'astenia senza via d'uscita. Inizia mesi di albumina e lasix, ma intanto è presente anche ascite.
Lo vediamo spegnersi, una notte cade nel salotto, inizia ad affannare. Capiramo che è la fine, ma nessun medico ci dice che è grave. Questo non lo perdono ai dottori. Non perchè non accetti che mio padre non ci sia più, ma perchè avevamo il diritto di saperlo da loro e non di immaginarcelo da soli.
Purtroppo il 7 marzo, che per me è sempre stata una bella data in quanto anniversario della mia laurea,mio padre se n'è andato.
Sono disperata, non trovo la forza ed ho tanta, tantissima rabbia.
E' un dolore talmente forte che, paradossalmente, spesso mi sento antestetizzata.
Non trovo conforto in nulla e nessuno, è come se con lui se ne fosse andata una parte di me: la più bella e preziosa.
VI chiedo scusa per lo sfogo, ma avevo bisogno di scrivere questo post...