Quando la tristezza diventa rabbia.
Inviato: gio 11 giu 2015, 12:33
Il 13 maggio mi ha lasciata il mio papà all'età di 64 anni, a un anno e mezzo dalla diagnosi di un adenocarcinoma a grandi cellule al IV stadio (non dovuto dal fumo se può essere rilevante) con metastasi ossee....
So che qui verrò capita al massimo per quanto riguarda la reazione iniziale, il non capire né tanto meno voler accettare quello che succede, perchè ci si ritrova catapultati in un mondo parallelo e surreale da cui si vuole fuggire. Io ho 23 anni e vivevo all'estero dai 19...per studio e poi per lavoro. Quando ho saputo di mio padre ovviamente sono tornata. Ma sono sempre riscappata, ho sempre cercato di mettere la testa sotto la sabbia. Anche quando 6 mesi fa, dopo un anno di chemio e grandi risultati totalmente illusori, sono risultate dalla tac metastasi all'addome. Non avevo capito o non volevo capire? Purtroppo/per fortuna mia madre è medico, ma le cose mi sono sempre state dette a metà. Anche dopo quest'altro colpo al cuore sono ripartita, fiduciosa nella nuova terapia che doveva fare, trattasi del Tarceva. Mi maledico per non aver capito nulla, per non essermi voluta informare su cosa significasse realmente arrivare a prendere questo "nuovo" chemioterapico. Che non è altro che l'ultima spiaggia, assolutamente devastante.
Premetto che con mio padre ho sempre avuto un meraviglioso rapporto...ma inutile dirlo, a quest'età ci sono sempre un po' di screzi stupidi e banali. Da quando sono partita infatti andavamo decisamente più d'accordo. Tipico poi per una ragazzina che assaggia la libertà, capire solo quando si è lontani l'importanza delle cose.
Ho scoperto questo forum da poco e la prima o spesso quasi unica raccomandazione che si fa è di stare vicino alla persona che sta male e che tanto amiamo. Io ho sempre fatto avanti e indietro, sono rimasta anche per mesi di fila, ma ho sempre avuto il bisogno di partire, staccare, ricaricare le energie, scappare. Con lui ho sempre parlato di questo, sino all'ultimo periodo. Lui mi diceva che la miglior cura per lui era sapermi contenta, anzichè vedermi depressa a casa, cosa che serviva solo a farlo sentire più malato. Sono stata una codarda, pensavo di essere solo d'intralcio al nido che mio padre e mia madre hanno sempre avuto, nido fatto di una routine che io inevitabilmente interrompevo...Quando stavo a casa con loro..e in particolare facevo qualcosa con lui, pensavo che forse quella sarebbe stata l'ultima. L'ultima spesa al supermercato insieme, l'ultima passeggiata, l'ultimo giro in macchina, l'ultimo tutto.
Immaginate dunque con quale umore facevo le cose con lui, cosa che lui naturalmente percepiva.... Sono stata un'ingenua, allontanando quei pensieri volevo autoconvincermi e convincerlo che tutto sarebbe andato bene, illudermi e illuderlo... che fosse immortale. Che noi saremmo stati diversi da tutti gli altri e che tutto sarebbe andato bene. Voi del forum sapete meglio di me che il cancro è una malattia bugiarda, basta che un valore di un qualsiasi esame vada bene per pensare che la guarigione sia prossima. Non bisogna illudersi. La speranza certo è la cosa più importante in questi casi perchè se no crolla tutto....ma non bisogna neanche mentire a sè stessi come ho fatto io sino agli ultimi giorni in ospedale. Giorni in cui attribuivo ogni sintomo a qualcos'altro... il nervosismo o comunque non l'essere più in sè ai farmaci, perchè era saturo (si trattava invece di una recente ischemia cerebrale), dolori vari al fatto che fosse ricoverato e dunque sdraiato nella stessa posizione per due settimane (le metastasi si erano diffuse dappertutto)... Sino al giorno prima della tac, in cui ogni mia stupida speranza è crollata, stavo cercando un bravo fisioterapista per quando sarebbe uscito... e pensavo "male che vada torneremo a casa con l'ossigeno, pazienza." A casa invece non ci siamo mai tornati. E ora io sono arrabbiata, non triste...arrabbiata con voglia di spaccare tutto....
Scusate il romanzo e scusate per lo sfogo.
Un abbraccio immenso a tutti
Un bacio speciale a Silvy84
So che qui verrò capita al massimo per quanto riguarda la reazione iniziale, il non capire né tanto meno voler accettare quello che succede, perchè ci si ritrova catapultati in un mondo parallelo e surreale da cui si vuole fuggire. Io ho 23 anni e vivevo all'estero dai 19...per studio e poi per lavoro. Quando ho saputo di mio padre ovviamente sono tornata. Ma sono sempre riscappata, ho sempre cercato di mettere la testa sotto la sabbia. Anche quando 6 mesi fa, dopo un anno di chemio e grandi risultati totalmente illusori, sono risultate dalla tac metastasi all'addome. Non avevo capito o non volevo capire? Purtroppo/per fortuna mia madre è medico, ma le cose mi sono sempre state dette a metà. Anche dopo quest'altro colpo al cuore sono ripartita, fiduciosa nella nuova terapia che doveva fare, trattasi del Tarceva. Mi maledico per non aver capito nulla, per non essermi voluta informare su cosa significasse realmente arrivare a prendere questo "nuovo" chemioterapico. Che non è altro che l'ultima spiaggia, assolutamente devastante.
Premetto che con mio padre ho sempre avuto un meraviglioso rapporto...ma inutile dirlo, a quest'età ci sono sempre un po' di screzi stupidi e banali. Da quando sono partita infatti andavamo decisamente più d'accordo. Tipico poi per una ragazzina che assaggia la libertà, capire solo quando si è lontani l'importanza delle cose.
Ho scoperto questo forum da poco e la prima o spesso quasi unica raccomandazione che si fa è di stare vicino alla persona che sta male e che tanto amiamo. Io ho sempre fatto avanti e indietro, sono rimasta anche per mesi di fila, ma ho sempre avuto il bisogno di partire, staccare, ricaricare le energie, scappare. Con lui ho sempre parlato di questo, sino all'ultimo periodo. Lui mi diceva che la miglior cura per lui era sapermi contenta, anzichè vedermi depressa a casa, cosa che serviva solo a farlo sentire più malato. Sono stata una codarda, pensavo di essere solo d'intralcio al nido che mio padre e mia madre hanno sempre avuto, nido fatto di una routine che io inevitabilmente interrompevo...Quando stavo a casa con loro..e in particolare facevo qualcosa con lui, pensavo che forse quella sarebbe stata l'ultima. L'ultima spesa al supermercato insieme, l'ultima passeggiata, l'ultimo giro in macchina, l'ultimo tutto.
Immaginate dunque con quale umore facevo le cose con lui, cosa che lui naturalmente percepiva.... Sono stata un'ingenua, allontanando quei pensieri volevo autoconvincermi e convincerlo che tutto sarebbe andato bene, illudermi e illuderlo... che fosse immortale. Che noi saremmo stati diversi da tutti gli altri e che tutto sarebbe andato bene. Voi del forum sapete meglio di me che il cancro è una malattia bugiarda, basta che un valore di un qualsiasi esame vada bene per pensare che la guarigione sia prossima. Non bisogna illudersi. La speranza certo è la cosa più importante in questi casi perchè se no crolla tutto....ma non bisogna neanche mentire a sè stessi come ho fatto io sino agli ultimi giorni in ospedale. Giorni in cui attribuivo ogni sintomo a qualcos'altro... il nervosismo o comunque non l'essere più in sè ai farmaci, perchè era saturo (si trattava invece di una recente ischemia cerebrale), dolori vari al fatto che fosse ricoverato e dunque sdraiato nella stessa posizione per due settimane (le metastasi si erano diffuse dappertutto)... Sino al giorno prima della tac, in cui ogni mia stupida speranza è crollata, stavo cercando un bravo fisioterapista per quando sarebbe uscito... e pensavo "male che vada torneremo a casa con l'ossigeno, pazienza." A casa invece non ci siamo mai tornati. E ora io sono arrabbiata, non triste...arrabbiata con voglia di spaccare tutto....
Scusate il romanzo e scusate per lo sfogo.
Un abbraccio immenso a tutti
Un bacio speciale a Silvy84