Riporto di seguito l'articolo pubblicato sul sito della Clinica Humanitas di Rozzano, in quanto ritengo possa essere interessante
Franco
Sorveglianza attiva per il tumore della prostata
In collaborazione con Redazione Humanitas News pubblicato il 29 giugno 2016 in Malattie e cure
Tumore della prostata, la sorveglianza attiva rappresenta un’alternativa alla chirurgia in pazienti a rischio di progressione molto basso e con tumori clinicamente poco significativi. Ne ha parlato il prof. Giorgio Guazzoni, Responsabile di Urologia di Humanitas, in una recente video-intervista pubblicata sulla rubrica “Mi dica dottore” di Corriere Tv.
Che cos’è la sorveglianza attiva?
La sorveglianza attiva è un concetto relativamente nuovo, che viene proposto a pazienti a rischio di progressione molto basso e con tumori clinicamente poco significativi, allo scopo di evitare i trattamenti attualmente utilizzati: chirurgia (prostatectomia a cielo aperto, laparoscopica e robot-assistita), radioterapia esterna e brachiterapia. Tali approcci, infatti, garantiscono percentuali di sopravvivenza e di controllo sostanzialmente equivalenti, ma effetti collaterali spesso impattanti sulla qualità della vita (quali compromissione della continenza urinaria e della potenza sessuale). La sorveglianza attiva per il carcinoma prostatico è proposta solo in casi selezionati e in presenza di precise caratteristiche cliniche e psicologiche. È previsto un atteggiamento osservazionale fino a cambiamento di tali caratteristiche, con controlli periodici scanditi secondo un calendario ben definito di visite ed esami.
Quali fattori devono essere considerati nella scelta del trattamento?
“I fattori che vengono considerati sono: l’età del paziente, l’effettiva aggressività della malattia ed, eventualmente, il numero di biopsie effettuate. Se gli esami evidenziano una crescita del PSA – l’antigene prostatico specifico, uno dei campanelli d’allarme della presenza di un carcinoma prostatico – ma le biopsie effettuate danno tutte esito negativo, si procede all’esecuzione di una risonanza magnetica con la quale sarà possibile capire se bisogna procedere con altre biopsie, alla ricerca del tumore, o se invece la crescita del PSA è dovuta semplicemente a un processo infiammatorio”.
Perché l’età è un fattore importante?
“Se ci troviamo di fronte a un paziente che ha più di 75 anni, con un’aspettativa di vita media di 10-12 anni, non ha nessun significato sottoporre la persona a dolorose e impegnative biopsie ogni volta che si registra un cambiamento dei livelli del PSA. In questi casi è molto meglio, appunto, adottare un approccio di tipo osservazionale, che consente di evitare la chirurgia a pazienti spesso anziani e, quindi, particolarmente fragili”.
Sorveglianza attiva per il tumore della prostata
Sorveglianza attiva per il tumore della prostata
“Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare.”
Re: Sorveglianza attiva per il tumore della prostata
Vero. Tuttavia non passa minuto senza che io mi chieda se un intervento ben eseguito avrebbe potuto evitare a mio padre le pene dell'inferno a cui le metastasi ossee lo hanno obbligato dopo un decennio di 'sorveglianza' e terapia ormonale. Famiglia di centenari la sua... A 77 anni era praticamente un giovanotto. Non avrebbe avuto senso che la scelta dei medici tenesse conto della sua storia famigliare e gli offrisse di eradicare un k in stadio iniziale tramite chirurgia? Forse ora sarebbe ancora con noi e soprattutto non avrebbe sofferto tanto.. Forse.
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da Franco953 » lun 2 ott 2017, 13:38 - 0 Risposte
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