Sempre peggio
Inviato: dom 5 nov 2017, 10:40
È difficile affrontare tutto questo.
Sono mesi che in silenzio soffri. Da poco sappiamo che cosa ti sta divorando. Perché è quello che vedo. Sei divorato poco a poco da quel mostro. Nei momenti di silenzio si sente perfino!! Urla, ringhia... è impressionante.
Sei stato coraggioso e dopo un breve momento di determinazione a farla finita, hai scelto di non arrenderti e di provare.
Il primo ciclo a settembre. È stato pesante. Pensavo di perderti subito. Le compresse di Capecitabina le chiamavi "brutte bestie", dicevi che dopo poco che le avevi prese, iniziava una guerra dentro lo stomaco. Sentivi le urla, perfino scoppiettare e fischi come fossero fuochi d'artificio. E poi "è come se due mani cominciassero a strattonare, tirare, strappare". Inquietante. Una cosa che dovrebbe servire a farti stare meglio, ti sta logorando.
A ottobre l'impianto del Porth e l'inizio della nutrizione parenterale, poi il secondo ciclo. Di nuovo l'incubo. Giorni e giorni di sofferenza in silenzio. Mai un lamento.
Poi la febbre. Il 2 novembre dicevi di avere freddo. Il termometro non segnalava temperatura alterata ma hai iniziato a scuotere ed impallidire.
Il medico ovviamente non era reperibile. L'oncologa nemmeno.
Dubbi. È il mio mestiere, dovrei sapere cosa fare... chiamo il 118. Nel frattempo la temperatura ha iniziato a salire. 38.5°.
Un'infermiera meravigliosa mi aiuta a compiere una scelta. Io avevo già deciso, ma ero così terribilmente combattuta. Ti somministriamo antinfiammatorio e paracetamolo e intanto la temperatura è salita a 40.5°.
Non ho permesso che ti caricassero in ambulanza. In ospedale non avrebbero fatto niente di più di quello che potevo fare io a casa.
Ho indossato l'armatura e sono andata a cercare il medico. Ho chiesto di poterti curare a casa, di avere degli antibiotici. Ho chiesto di poterci almeno provare, tre giorni, tre...
Ho vinto io. Abbiamo vinto, perché la febbre è scesa e non è più tornata. E non sei stato costretto ad andare in ospedale dove girano più infezioni che in un vespasiano.
Sei debole, stanco. Mangi poco o niente.
Ma quello che più mi preoccupa è che il morale non è dei migliori. Tu che non ti sei mai arreso, non hai mai accettato la sorte senza combattere.
Ora mi parli di voler trovare pace.
E come darti torto?
È terribile, l'unica cosa che mi chiedi, io non te la posso dare.
E siamo appena a metà di questo percorso.
È così difficile.
Sono mesi che in silenzio soffri. Da poco sappiamo che cosa ti sta divorando. Perché è quello che vedo. Sei divorato poco a poco da quel mostro. Nei momenti di silenzio si sente perfino!! Urla, ringhia... è impressionante.
Sei stato coraggioso e dopo un breve momento di determinazione a farla finita, hai scelto di non arrenderti e di provare.
Il primo ciclo a settembre. È stato pesante. Pensavo di perderti subito. Le compresse di Capecitabina le chiamavi "brutte bestie", dicevi che dopo poco che le avevi prese, iniziava una guerra dentro lo stomaco. Sentivi le urla, perfino scoppiettare e fischi come fossero fuochi d'artificio. E poi "è come se due mani cominciassero a strattonare, tirare, strappare". Inquietante. Una cosa che dovrebbe servire a farti stare meglio, ti sta logorando.
A ottobre l'impianto del Porth e l'inizio della nutrizione parenterale, poi il secondo ciclo. Di nuovo l'incubo. Giorni e giorni di sofferenza in silenzio. Mai un lamento.
Poi la febbre. Il 2 novembre dicevi di avere freddo. Il termometro non segnalava temperatura alterata ma hai iniziato a scuotere ed impallidire.
Il medico ovviamente non era reperibile. L'oncologa nemmeno.
Dubbi. È il mio mestiere, dovrei sapere cosa fare... chiamo il 118. Nel frattempo la temperatura ha iniziato a salire. 38.5°.
Un'infermiera meravigliosa mi aiuta a compiere una scelta. Io avevo già deciso, ma ero così terribilmente combattuta. Ti somministriamo antinfiammatorio e paracetamolo e intanto la temperatura è salita a 40.5°.
Non ho permesso che ti caricassero in ambulanza. In ospedale non avrebbero fatto niente di più di quello che potevo fare io a casa.
Ho indossato l'armatura e sono andata a cercare il medico. Ho chiesto di poterti curare a casa, di avere degli antibiotici. Ho chiesto di poterci almeno provare, tre giorni, tre...
Ho vinto io. Abbiamo vinto, perché la febbre è scesa e non è più tornata. E non sei stato costretto ad andare in ospedale dove girano più infezioni che in un vespasiano.
Sei debole, stanco. Mangi poco o niente.
Ma quello che più mi preoccupa è che il morale non è dei migliori. Tu che non ti sei mai arreso, non hai mai accettato la sorte senza combattere.
Ora mi parli di voler trovare pace.
E come darti torto?
È terribile, l'unica cosa che mi chiedi, io non te la posso dare.
E siamo appena a metà di questo percorso.
È così difficile.