uno sfogo
Inviato: ven 4 mag 2018, 2:52
Ciao a tutti!
Ho deciso di iscrivermi a questo forum solo adesso, quando ormai la battaglia mia e della mia famiglia si è conclusa nel più tragico dei modi. Mi ricordo che durante la malattia di mia madre finivo spesso a leggere questo forum, per cercare informazioni su cure e terapie o solo per sentire le storie degli altri. E' passato poco più un mese da quando la mia cara mamma è andata via e, non so, stasera mi sentivo di scrivere qualcosa. Non sto cercando conforto, mi piacerebbe solamente raccontare la mia storia e avere un raffronto con le vostre esperienze.
Io sono un ragazzo di 23 anni e al momento sono uno studente universitario. Sono stato fuori sede fin dai 18 anni, prima nel Nord Italia e in seguito all'estero. La malattia di mia madre mi ricordo che cominciò proprio alla fine dei miei studi in triennale, avevo 21 anni e stavo per laurearmi. Ho ancora bene in mente il momento in cui mi è stato detto, lo sconforto cupo, la solitudine che ho provato in quei giorni. Ai tempi mi era bastato poco per trasformare quello sconforto in speranza, una speranza tenace e quasi esasperante. Era quella che mi trasmetteva mamma, che nonostante la malattia l'avesse scoperta per caso, ha sempre pensato ad un dopo, come se il tumore fosse un piccolo incidente di percorso. Pensava a quando sarebbe guarita e a quando avrebbe potuto riprendere con la sua vita. La sua forza mi è stata di un aiuto immenso negli ultimi due anni. Nonostante lei si facesse sempre più debole, riusciva a trasmetterci un attaccamento alla vita così cieco che l'idea che potesse non farcela era fuori discussione. E la cosa più incredibile era questa, che sebbene dopo ogni TAC andata male lo spettro di una sconfitta si facesse sempre più reale, la mia speranza - che era anche la sua - era così ostinata da sembrare irrazionale. Tante idee che prima della malattia mi sembravano vuote, come la speranza o l'idea di "aggrapparsi a tutto" in un momento di difficoltà erano diventate la mia quotidianità.
Una delle mie poesie preferite - verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese - dice che quando la morte arriverà allora scopriremo che la speranza è la vita ed è anche il nulla. Ecco, la mia speranza era così. Forte nel rendermi ostinato, ma in fin dei conti un nulla nello scontrarsi con la crudezza della realtà. Questo l'ho capito con l'ultima tac che abbiamo fatto, quando il tumore aveva raggiunto anche il fegato e le ossa. Lì ho smesso di sperare e ho capito che era ormai solo una questione di tempo. Mamma invece no. Sono sicuro che fino all'ultimo la sua speranza era la stessa di sempre. Nei suoi ultimi giorni, intontita dai farmaci, ha preso il mio telefono e si è registrata mentre canticchiava che ama la sua famiglia e che tutti insieme "ce la faremo". Adesso che ogni tanto la riascolto mi rendo conto di quanto la vita si sia fatta beffe di lei. Un mese dopo l'ultima TAC la mia mamma se ne è andata, a 55 anni. Mi sento fortunato ad aver preso un aereo qualche settimana prima ed essere stato lì fino all'ultimo. Ero proprio lì ad accarezzarla quando si è tirata dietro l'ultimo respiro affannoso.
Passato un mese da quel giorno mi sento la testa pesante e piena di pensieri. Negli ultimi due anni la malattia di mamma era il mio pensiero fisso, le chiedevo come si sentisse più e più volte al giorno e ogni volta che potevo mi mettevo su un aereo per raggiungerla. Adesso invece non ho più nessuna di queste incombenze. E' come se fossi tornato in possesso della mia vita da 20enne, solo che non so più che farmene. Ogni pensiero sul futuro, ogni sogno su quello che voglio essere e fare lo avevo rimandato a quando mamma sarebbe guarita. Invece adesso l'idea di un futuro che non la include mi sembra assurda, e mi terrorizza. Vedo la vitalità dei miei compagni e dei miei amici coetanei, il loro fare esperienza della vita e di tutto quello che può offrire e non ci trovo un senso. Mi sento come se fossi sopravvissuto ad una guerra, vivo sì, ma di fronte a me solo un tappeto di macerie. Mi sento come se insieme alla mia mamma se ne sia andata via prematuramente anche la mia giovinezza. Dicono tutti che il lutto ti porta ad imparare a vivere senza il tuo caro. Anche io forse troverò un modo di imparare, tuttavia mi viene da pensare che ogni gioia nella mia vita sarà d'ora in poi una gioia a metà, perché non potrò condividerla con lei.
Beh ecco, questo è il mio sfogo. Grazie a chi mi è stato ad ascoltare.
Un saluto
Ho deciso di iscrivermi a questo forum solo adesso, quando ormai la battaglia mia e della mia famiglia si è conclusa nel più tragico dei modi. Mi ricordo che durante la malattia di mia madre finivo spesso a leggere questo forum, per cercare informazioni su cure e terapie o solo per sentire le storie degli altri. E' passato poco più un mese da quando la mia cara mamma è andata via e, non so, stasera mi sentivo di scrivere qualcosa. Non sto cercando conforto, mi piacerebbe solamente raccontare la mia storia e avere un raffronto con le vostre esperienze.
Io sono un ragazzo di 23 anni e al momento sono uno studente universitario. Sono stato fuori sede fin dai 18 anni, prima nel Nord Italia e in seguito all'estero. La malattia di mia madre mi ricordo che cominciò proprio alla fine dei miei studi in triennale, avevo 21 anni e stavo per laurearmi. Ho ancora bene in mente il momento in cui mi è stato detto, lo sconforto cupo, la solitudine che ho provato in quei giorni. Ai tempi mi era bastato poco per trasformare quello sconforto in speranza, una speranza tenace e quasi esasperante. Era quella che mi trasmetteva mamma, che nonostante la malattia l'avesse scoperta per caso, ha sempre pensato ad un dopo, come se il tumore fosse un piccolo incidente di percorso. Pensava a quando sarebbe guarita e a quando avrebbe potuto riprendere con la sua vita. La sua forza mi è stata di un aiuto immenso negli ultimi due anni. Nonostante lei si facesse sempre più debole, riusciva a trasmetterci un attaccamento alla vita così cieco che l'idea che potesse non farcela era fuori discussione. E la cosa più incredibile era questa, che sebbene dopo ogni TAC andata male lo spettro di una sconfitta si facesse sempre più reale, la mia speranza - che era anche la sua - era così ostinata da sembrare irrazionale. Tante idee che prima della malattia mi sembravano vuote, come la speranza o l'idea di "aggrapparsi a tutto" in un momento di difficoltà erano diventate la mia quotidianità.
Una delle mie poesie preferite - verrà la morte e avrà i tuoi occhi di Cesare Pavese - dice che quando la morte arriverà allora scopriremo che la speranza è la vita ed è anche il nulla. Ecco, la mia speranza era così. Forte nel rendermi ostinato, ma in fin dei conti un nulla nello scontrarsi con la crudezza della realtà. Questo l'ho capito con l'ultima tac che abbiamo fatto, quando il tumore aveva raggiunto anche il fegato e le ossa. Lì ho smesso di sperare e ho capito che era ormai solo una questione di tempo. Mamma invece no. Sono sicuro che fino all'ultimo la sua speranza era la stessa di sempre. Nei suoi ultimi giorni, intontita dai farmaci, ha preso il mio telefono e si è registrata mentre canticchiava che ama la sua famiglia e che tutti insieme "ce la faremo". Adesso che ogni tanto la riascolto mi rendo conto di quanto la vita si sia fatta beffe di lei. Un mese dopo l'ultima TAC la mia mamma se ne è andata, a 55 anni. Mi sento fortunato ad aver preso un aereo qualche settimana prima ed essere stato lì fino all'ultimo. Ero proprio lì ad accarezzarla quando si è tirata dietro l'ultimo respiro affannoso.
Passato un mese da quel giorno mi sento la testa pesante e piena di pensieri. Negli ultimi due anni la malattia di mamma era il mio pensiero fisso, le chiedevo come si sentisse più e più volte al giorno e ogni volta che potevo mi mettevo su un aereo per raggiungerla. Adesso invece non ho più nessuna di queste incombenze. E' come se fossi tornato in possesso della mia vita da 20enne, solo che non so più che farmene. Ogni pensiero sul futuro, ogni sogno su quello che voglio essere e fare lo avevo rimandato a quando mamma sarebbe guarita. Invece adesso l'idea di un futuro che non la include mi sembra assurda, e mi terrorizza. Vedo la vitalità dei miei compagni e dei miei amici coetanei, il loro fare esperienza della vita e di tutto quello che può offrire e non ci trovo un senso. Mi sento come se fossi sopravvissuto ad una guerra, vivo sì, ma di fronte a me solo un tappeto di macerie. Mi sento come se insieme alla mia mamma se ne sia andata via prematuramente anche la mia giovinezza. Dicono tutti che il lutto ti porta ad imparare a vivere senza il tuo caro. Anche io forse troverò un modo di imparare, tuttavia mi viene da pensare che ogni gioia nella mia vita sarà d'ora in poi una gioia a metà, perché non potrò condividerla con lei.
Beh ecco, questo è il mio sfogo. Grazie a chi mi è stato ad ascoltare.
Un saluto