mio marito non c'è più e io mi sento tanto sola
Inviato: mer 22 apr 2020, 10:27
Ciao a tutti,
vi leggo da molto tempo e conosco il vostro dolore, che è anche il mio. Trovo il coraggio di scrivere solo oggi. Oggi, 22 aprile, non è un giorno come un altro. Oggi Andrea, mio marito, il mio compagno di vita, avrebbe compiuto 40 anni, ma questo maledetto cancro non glielo ha permesso. Se lo è portato via in poco più di un anno, senza che potessimo fare niente per impedirlo. A nulla sono servite le visite da diversi oncologi, le chemioterapie, la sua caparbietà. Andrea se n’è andato il 31 dicembre 2019, poco prima della mezzanotte, mentre il mondo festeggiava e si preparava ad accogliere il 2020. Ero lì con lui, ad accarezzargli il viso dolcemente, cercando di non piangere. Non so quanto fosse lucido in quei suoi ultimi momenti, imbottito di morfina, una parte di me spera di no, che non si sia reso conto che quei respiri sarebbero stati i suoi ultimi respiri. Chissà, però, se ha percepito il mio amore. Lo spero. Sono passati quasi quattro mesi dalla sua morte, per me è come se fosse ieri. Sto ancora nella nostra casa, dove tutto mi ricorda lui, una parte di me vorrebbe andarsene e probabilmente lo farò, non appena potrò. Stare chiusa dentro casa non mi aiuta. Sono sola, con me stessa, e non faccio altro che piangere e pensare. Pensare che tutto questo non ce lo meritavamo. Avevamo già sofferto abbastanza. Prima la morte improvvisa di mio padre sette anni fa, seguita a ruota da quella del suo, malato da anni. Poi anni di tentativi per cercare di rimanere incinta, senza riuscirci, arrivare a rinunciare al nostro sogno di diventare genitori, per poi scoprire, con la sorpresa di tutti, che ero incinta, per poi perdere il bambino alla tredicesima settimana di gravidanza (quattro anni fa). E’ stato un grande dolore, il nostro, ma che avevamo superato insieme, facendoci forza a vicenda, rimanendo uniti, il nostro amore ci ha salvato, ne sono convinta. Poco prima della sua diagnosi, che ha distrutto ogni nostro sogno, avevamo iniziato a pensare di adottare un bambino. Era stata una sua idea, io ero molto riluttante, mi spaventava il lungo e complicato iter, che qualcosa sarebbe andato male, ma lui era convinto, come al solito la sua tenacia, il suo ottimismo, la sua voglia di vivere una vita piena ha avuto la meglio sulle mie paure e insicurezze, infondendomi la sua fiducia. Non abbiamo fatto in tempo nemmeno ad informarci sulle varie procedure, però, perché pochissimo tempo dopo gli è stato diagnosticato un cancro inoperabile al pancreas con metastasi al fegato, che ci ha devastato.
Tutti mi dicono che tornerò ad essere felice, un giorno, ma io non ci credo. Ho 37 anni e ho trascorso tutta la mia vita da adulta con Andrea (avevo 20 anni quando l’ho conosciuto). Fra un mese e mezzo (il 5 giugno) sarebbe stato il nostro decimo anniversario di matrimonio. Progettavamo di fare un grande viaggio per festeggiare quelli che credevamo essere i nostri primi dieci anni di matrimonio. Sognavamo un giro degli Stati Uniti. Un viaggio che avevamo sempre voluto fare ma che continuavamo a rimandare, fino a decidere di farlo per festeggiare un traguardo importante. Invece a questo traguardo non ci siamo arrivati. Io sono qui da sola, a soffrire senza riuscire nemmeno a intravedere una luce in fondo al tunnel. La notte non dormo, ho paura di sognarlo. Quando lo sogno, il risveglio è terribile perché ci metto sempre qualche secondo a rendermi conto che lui è morto, che non lo troverò a letto accanto a me. E quando mi giro, e non lo vedo, il dolore mi fa mancare il respiro. Non vi nascondo che a volte penso di raggiungerlo, ovunque lui sia (non so cosa c’è dopo la morte, non sono credente ma credo e spero ci sia qualcosa), ma poi mi sento terribilmente in colpa perché qualche giorno prima di morire (probabilmente aveva percepito che la fine era vicina) mi aveva fatto giurare che sarei andata avanti con la mia vita, che avrei trovato la forza, un giorno, per farlo. Voglio rispettare la mia promessa, ma è tanto difficile e io mi sento tanto sola. L’unica persona che mi capisce è la mia mamma, anche lei vedova, ma non posso fare a meno di pensare che per lei è diverso. Lei ha tre figlie e un nipotino di cinque anni, che le danno forza e un senso alla sua vita. Io sono da sola, non ho figli a cui pensare. Ho degli amici splendidi, che mi vogliono bene ma che non comprendono al 100% il mio dolore. Non gliene faccio una colpa, so che non possono perché è un dolore che non puoi capire se non lo provi. Spesso mi dicono cose che mi infastidiscono, so che non lo fanno apposta e che vogliono solo aiutarmi, ma spesso mi ritrovo a non rispondere alle loro chiamate o messaggi perché non ho voglia di sentirli, a volte sono quasi contenta del lockdown perché questo impedisce loro di venire a trovarmi. Mi seno una cacca quando penso queste cose, ma non riesco a farne a meno. So che l’isolamento non è una soluzione ma in questo momento penso che sia la cosa che mi serve davvero. Grazie per avermi “ascoltato”, so che purtroppo voi potete capirmi fin troppo bene…
Beatrice (Bea per gli amici)
vi leggo da molto tempo e conosco il vostro dolore, che è anche il mio. Trovo il coraggio di scrivere solo oggi. Oggi, 22 aprile, non è un giorno come un altro. Oggi Andrea, mio marito, il mio compagno di vita, avrebbe compiuto 40 anni, ma questo maledetto cancro non glielo ha permesso. Se lo è portato via in poco più di un anno, senza che potessimo fare niente per impedirlo. A nulla sono servite le visite da diversi oncologi, le chemioterapie, la sua caparbietà. Andrea se n’è andato il 31 dicembre 2019, poco prima della mezzanotte, mentre il mondo festeggiava e si preparava ad accogliere il 2020. Ero lì con lui, ad accarezzargli il viso dolcemente, cercando di non piangere. Non so quanto fosse lucido in quei suoi ultimi momenti, imbottito di morfina, una parte di me spera di no, che non si sia reso conto che quei respiri sarebbero stati i suoi ultimi respiri. Chissà, però, se ha percepito il mio amore. Lo spero. Sono passati quasi quattro mesi dalla sua morte, per me è come se fosse ieri. Sto ancora nella nostra casa, dove tutto mi ricorda lui, una parte di me vorrebbe andarsene e probabilmente lo farò, non appena potrò. Stare chiusa dentro casa non mi aiuta. Sono sola, con me stessa, e non faccio altro che piangere e pensare. Pensare che tutto questo non ce lo meritavamo. Avevamo già sofferto abbastanza. Prima la morte improvvisa di mio padre sette anni fa, seguita a ruota da quella del suo, malato da anni. Poi anni di tentativi per cercare di rimanere incinta, senza riuscirci, arrivare a rinunciare al nostro sogno di diventare genitori, per poi scoprire, con la sorpresa di tutti, che ero incinta, per poi perdere il bambino alla tredicesima settimana di gravidanza (quattro anni fa). E’ stato un grande dolore, il nostro, ma che avevamo superato insieme, facendoci forza a vicenda, rimanendo uniti, il nostro amore ci ha salvato, ne sono convinta. Poco prima della sua diagnosi, che ha distrutto ogni nostro sogno, avevamo iniziato a pensare di adottare un bambino. Era stata una sua idea, io ero molto riluttante, mi spaventava il lungo e complicato iter, che qualcosa sarebbe andato male, ma lui era convinto, come al solito la sua tenacia, il suo ottimismo, la sua voglia di vivere una vita piena ha avuto la meglio sulle mie paure e insicurezze, infondendomi la sua fiducia. Non abbiamo fatto in tempo nemmeno ad informarci sulle varie procedure, però, perché pochissimo tempo dopo gli è stato diagnosticato un cancro inoperabile al pancreas con metastasi al fegato, che ci ha devastato.
Tutti mi dicono che tornerò ad essere felice, un giorno, ma io non ci credo. Ho 37 anni e ho trascorso tutta la mia vita da adulta con Andrea (avevo 20 anni quando l’ho conosciuto). Fra un mese e mezzo (il 5 giugno) sarebbe stato il nostro decimo anniversario di matrimonio. Progettavamo di fare un grande viaggio per festeggiare quelli che credevamo essere i nostri primi dieci anni di matrimonio. Sognavamo un giro degli Stati Uniti. Un viaggio che avevamo sempre voluto fare ma che continuavamo a rimandare, fino a decidere di farlo per festeggiare un traguardo importante. Invece a questo traguardo non ci siamo arrivati. Io sono qui da sola, a soffrire senza riuscire nemmeno a intravedere una luce in fondo al tunnel. La notte non dormo, ho paura di sognarlo. Quando lo sogno, il risveglio è terribile perché ci metto sempre qualche secondo a rendermi conto che lui è morto, che non lo troverò a letto accanto a me. E quando mi giro, e non lo vedo, il dolore mi fa mancare il respiro. Non vi nascondo che a volte penso di raggiungerlo, ovunque lui sia (non so cosa c’è dopo la morte, non sono credente ma credo e spero ci sia qualcosa), ma poi mi sento terribilmente in colpa perché qualche giorno prima di morire (probabilmente aveva percepito che la fine era vicina) mi aveva fatto giurare che sarei andata avanti con la mia vita, che avrei trovato la forza, un giorno, per farlo. Voglio rispettare la mia promessa, ma è tanto difficile e io mi sento tanto sola. L’unica persona che mi capisce è la mia mamma, anche lei vedova, ma non posso fare a meno di pensare che per lei è diverso. Lei ha tre figlie e un nipotino di cinque anni, che le danno forza e un senso alla sua vita. Io sono da sola, non ho figli a cui pensare. Ho degli amici splendidi, che mi vogliono bene ma che non comprendono al 100% il mio dolore. Non gliene faccio una colpa, so che non possono perché è un dolore che non puoi capire se non lo provi. Spesso mi dicono cose che mi infastidiscono, so che non lo fanno apposta e che vogliono solo aiutarmi, ma spesso mi ritrovo a non rispondere alle loro chiamate o messaggi perché non ho voglia di sentirli, a volte sono quasi contenta del lockdown perché questo impedisce loro di venire a trovarmi. Mi seno una cacca quando penso queste cose, ma non riesco a farne a meno. So che l’isolamento non è una soluzione ma in questo momento penso che sia la cosa che mi serve davvero. Grazie per avermi “ascoltato”, so che purtroppo voi potete capirmi fin troppo bene…
Beatrice (Bea per gli amici)