Sono seguite tutte le prime indagini del caso e il 24 papà è a casa.
Si cerca di “salvare” il Natale ma la parola tumore è già tra di noi. Segue la pet, l’ecocardiogramma e papà è agitato. Anche io e mamma lo siamo, comunichiamo a sguardi e cerchiamo di fare le normali. Se chiamiamo il medico di base per avere un antidolorifico ci risponde che è meglio andare al pronto soccorso!


Lavoro in un’azienda sanitaria, i miei superiori iniziano a spiegarmi cosa sta succedendo e piano piano tutto è più chiaro.
L’altro ieri, 13 gennaio, siamo stati convocati dal primario di pneumologia che ci dice che papà ha un tumore non a piccole cellule al quarto stadio. Sbriga un paio di pratiche relative all’esenzione per patologia, ci dà l’appuntamento per la visita oncologica e ci liquida velocemente.
A casa, seduti sul divano, leggo io a mio padre i referti e gli spiego quel poco che capisco, relativamente alle metastasi, diffuse solo alle ossa.
In mio padre scatta qualcosa, reagisce, pensa di averle ovunque e invece no.
Non so, forse stiamo imparando a nuotare tra le cattive notizie, siamo quasi felici. Ci diciamo che non molleremo, che vivremo ogni giorno cercando il lato positivo sempre, che non vale la pena abbattersi così presto. E mio papà è ripartito, tenta di fare le sue cose, è un po’ più sereno.
Io mi faccio roccia quando sono con lui, scherzo, rido, canto. Poi a casa mia puntualmente crollo.
Ho paura ragazzi. Tanta. Da tremare, da piangere disperata. Ma lui e la mia mamma non mi vedranno mai così, lo giuro.
Cerco conforto qui. Non mi capacito. A settembre mi faceva sudare in montagna, ha smesso di fumare 35 anni fa, è sempre stato attivissimo... e ora siamo qui.
Se potete, aiutatemi. Datemi forza. Stasera l’ho esaurita.