Ciao Paola, eccomi a risponderti come sempre in orario notturno ma solo adesso riesco a tirare un pò i remi in barca. Mi fa piacere che hai voluto leggere la mia esperienza e ti dico che, nella sfortuna, sei stata fortunata ad aver avuto dei medici "umani" che hanno saputo avere la delicatezza necessaria nel seguirti (e sono certo che continueranno a farlo). L'avvicinamento al cancro deve essere fatto con molto tatto e alle volte non tutti i medici lo hanno. E infatti a me quello che ha fatto più male, ripercorrendo a ritroso questi tre anni, non è stata tanto la notizia del ritorno del cancro dopo tredici mesi dalla diagnosi quanto la diagnosi stessa. Questo perchè appunto il modo in cui mi venne formulata fu dei peggiori, mentre il modo in cui mi fu detto della recidiva fu molto più edulcorato e ammorbidito. Se mi permetti di dire la mia su quanto da te scritto, la filosofia giusta è proprio quella che hanno detto i tuoi medici, ossia trovare un posto dove far convivere questo ospite indesiderato e cercare di gestirlo nel miglior modo possibile. Tu dici che la tua migliore amica non è molto d'accordo se ho ben capito. Vedi, qui c'è la frattura secondo me, capita nella maggior parte dei casi e ti spiego meglio: il malato di cancro e il medico, durante il loro percorso insieme, arrivano a un momento dove si trovano in perfetta empatia perchè il paziente sa che comunque la sua vita è stata rivoluzionata, ha "saltato il fiume" e ora guarda le cose sotto un'ottica diversa a livello psicologico ed emozionale, mentre il medico, dal canto suo, sa che deve affrontare la risoluzione della malattia di una persona che a lui si è rivolta non solo sul piano psicologico che viene raddoppiato (anche il medico prova le stesse emozioni del paziente che cura, fidati) ma soprattutto sul piano chimico e terapeutico, insomma, a lui tocca agire in prima persona per contrastare il cancro, e non lo si può fare a parole ma con le terapie appunto. Per cui il medico capisce il paziente, e il paziente molto spesso comprende il medico. Questo però non accade sempre nelle persone vicine al paziente, intendo familiari o amici. E attenzione, non è che non accade perchè ci sia insensibilità o cattiveria. Questo no assolutamente è logico. Ma accade perchè il familiare o l'amico a un certo punto viene assalito da un senso di impotenza nel vedere una persona cara soffrire senza poter fare nulla in prima persona per aiutarla, che di conseguenza diventa molto più, come dire "catastrofista" anche se non è neanche questa la parola giusta. Esempio pratico che è capitato a me: io mi sono ammalato di tumore al testicolo, mi sono documentato, ho discusso con gli oncologi, mi hanno fatto esprimere il mio parere sulle terapie e così via, e mi hanno infuso una sorta di coraggio e di sicurezza per fronteggiare il protocollo chemioterapico. In famiglia invece (quei pochi che si sono interessati dato che la mia famiglia è quasi assente, molto spezzettata) tra le frasi solite che si dicevano "oddio un cancro","oddio un tumore" con quella paura che si ha di questa parola, c'era chi diceva "ma vai a farti curare da quel professore che è bravissimo, ma vai all'estero, ma vai in America eccetera". Tutte cose dette in buona fede per carità, ma nel non sapere che i protocolli per la cura di un cancro è a livello internazionale e mondiale che vengono applicati e sono gli stessi, ragion per cui, che tu faccia la chemio in un posto di fama piuttosto che in un altro meno conosciuto poco conta all'atto pratico, le linee guida sono sempre le stesse e che comunque il supporto psicologico puoi trovarlo anche nel piccolo polo oncologico e non solo nei grandi e rinomati centri per la cura dei tumori. Certo, è ovvio anche che un medico possa dirti "senti, vai a consulto con quel professore in quel determinato ospedale perchè è un luminare", ovvio ed è normale che accada, ma il medico lo dice perchè sa che può avere un appoggio ancora di più nella cura della malattia, la parola di un collega che ha molta più esperienza può aiutarlo. Ma a livello di cerchia di persone che sono dall'altra parte del fiume diciamo così questi particolari a volte sfuggono, e allora si ha l'impressione che si stia facendo poco, che si debba fare di più, ma non si sa magari bene cosa, e allora la visione delle cose precipita. Ma lo ripeto ancora, non viene fatto per cattiveria, assolutamente. Ti voglio dire ancora un'altra cosa che ho vissuto in prima persona per farti inquadrare meglio il mio discorso: Quando ho fatto chemio molto spesso nella sala infusione, oltre ovviamente a noi pazienti, ai medici che passavano periodicamente e agli infermieri, c'erano i parenti. Parenti che curiosavano, chiedevano, protestavano coi medici perchè non davano adeguata attenzione al loro caro, intralciavano il lavoro delle infermiere e così via. E ti posso dire che a volte erano i pazienti stessi a chiedere ai loro parenti (o amici) di allontanarsi perchè avevano bisogno di riposo, avevano bisogno di parlare solo e soltanto col medico, avevano voglia solo di stringere la mano di un'infermiera per avere coraggio piuttosto che stare a rispondere a centomila domande "come stai", "tutto bene", "ma ti sei addormentato ?" (evidentemente se chiudo gli occhi vuol dire che mi sto addormentando no?), "hai bisogno di qualcosa ?", "vuoi l'acqua ?" quando magari il farmaco chemioterapico ti ha già reso una pappa di suo e non ti fa uscire neanche una parola. O per assurdo ti racconto ancora una cosa che forse ti farà sorridere. Io prima del tumore ho avuto altre due operazioni questa volta agli occhi per un problema completamente diverso. E ricordo che in stanza per la degenza notturna, essendo il reparto vuoto, aveva chiesto di rimanere mia madre alla quale fu accettata la domanda. Ora immagina, a me avevano trafficato negli occhi per guarirmi tutte e due le cornee, non riuscivo a respirare per il dolore, ero diventato fotofobico, avevo bisogno di silenzio assoluto e invece avevo mia madre che russava come un compressore seduta sulla poltrona nella stanza e che, al mio minimo movimento per trovare una posizione migliore, si svegliava per venire vicino e coprirmi (era sì inverno ma in camera ci saranno stati almeno 32 gradi per via del climatizzatore). Insomma per dirtela breve, finimmo che io misi a dormire mia madre sul letto per farla stare buona, e trascorsi io la nottata sulla poltrona
Quando vuoi parlare, sono sempre a disposizione. Un abbraccio!
PS: quando ho scritto la mia discussione di presentazione, avevo parlato dei medici con cui ho a che fare come "entità sovrannaturali e impalpabili". Non sapevo che esistesse anche nei medici la sindrome da burn-out. Mi sono documentato dopo sull'argomento e ho capito meglio perchè è difficile trovarli al telefono o parlare con loro per più di cinque minuti
![Very Happy :D](./images/smilies/icon_e_biggrin.gif)